Valentina Salamone non si è suicidata, ma è stata uccisa. La 19enne, trovata impiccata ad una trave all’esterno di una villetta a Catania nel 2010. La tragedia venne archiviata dalla polizia come suicidio per una delusione d’amore, una tesi a cui la famiglia non ha mai creduto. Infatti chiese e ottenne la riapertura del fascicolo. L’inchiesta ha portato all’arresto di Nicola Mancuso, all’epoca 32enne e sposato. Ora l’uomo è stato condannato all’ergastolo ed è stato disposto un risarcimento di 50mila euro a ciascuno dei genitori e di 30mila euro ciascuno al fratello e alle tre sorelle della ragazza. La sentenza lo ha raggiunto in carcere, visto che lì stava scontando una condanna di 14 anni per traffico di droga (e infatti ha seguito il processo in videoconferenza). Lo ha deciso la Corte d’Assise di Catania, che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore Sabrina Gambino. «Non perdoneremo mai chi ha fatto questo a nostra figlia», hanno dichiarato i genitori della giovane vittima, come riportato da Fanpage.
VALENTINA SALAMONE, ERGASTOLO PER NICOLA MANCUSO
I fatti risalgono a nove anni fa, quando Valentina Salamone fu trovata impiccata all’esterno di una villetta di Adrano, in provincia di Catania. Era il 24 luglio 2010 quando fu trovata impiccata ad una trave dopo un weekend trascorso con un gruppo di amici e allo stesso Nicola Mancuso. Il suo corpo fu trovato con le mani intrecciate nel cappio. Fu trovato da alcuni operai dell’Enel che erano a lavoro in zona e diedero l’allarme. La vicenda fu frettolosamente archiviata come suicidio, salvo poi essere riaperta nel marzo successivo con un rinvio a giudizio per omicidio pluriaggravato a carico di Mancuso, sposato e padre di tre figli, con cui Valentina Salamone aveva da tempo una relazione clandestina. Secondo la ricostruzione processuale, la 19enne sarebbe stata uccisa per “abietti e futili motivi” tramite impiccagione. All’epoca dei fatti la giovane, che aveva avuto diverse esperienze come modella, sognava di diventare un’assistente sociale.