Uccidere in nome della politica: la follia di Boelter ci interroga. Voleva giustiziare i politici pro-aborto. Ma così non è sempre la morte a vincere?
MINNEAPOLIS – Quinto, “Non uccidere”. Sembrerebbe un comandamento che non ci riguarda più di un tanto. Certo, ci sono tanti tragici conflitti in corso in tutto il mondo, e la guerra uccide, ma nella quotidianità della vita come si fa ad arrivare ad uccidere, come si fa a rubare la vita altrui? Noi non uccidiamo e non ci aspettiamo che qualcuno ci uccida. Eppure si uccide.
Ma arrivare ad uccidere per ragioni politiche? Ci siamo passati anche noi con i nostri anni di piombo, tra brigatisti e pitrentottisti, ma è trascorso tanto tempo, sembra che sia trascorsa un’eternità, sembra quasi impossibile che sia successo. Eppure Vance Boelter, 57 anni, lo ha fatto, ha ucciso e avrebbe voluto uccidere anche di più. Per ragioni politiche. A due passi da dove vivo io, nella terra dei 10.000 laghi e di neanche sei milioni di esseri umani, dove tutti sono “nice“, “carini”.
Ancora non sappiamo granché di questo Vance Boelter. Cinque figli, lunghi anni come lavoratore nell’industria alimentare, in seguito un qualche coinvolgimento in progetti agricoli nell’Africa centrale e più di recente lavoretti presso agenzie di pompe funebri, giusto qualcosa per sbarcare il lunario.
Boelter, nella notte tra venerdì e sabato, camuffato da poliziotto, si è presentato alle abitazioni di alcuni State lawmakers, rappresentanti, legislatori dello Stato del Minnesota, ha sparato, ha ucciso ed è scappato.
Melissa Hortman ed il marito, uccisi, il senatore John Hoffman e la moglie feriti gravemente. Dopo la sparatoria in casa degli Hoffman, Boelter si sarebbe recato a casa di un rappresentante statale a Maple Grove, sempre nell’area metropolitana di Minneapolis. Tuttavia, il parlamentare era in vacanza e non era a casa in quel momento.
Due giorni di fuga senza meta ed oggi l’arresto, avvenuto non lontano da Minneapolis dopo la più grande caccia all’uomo che il Minnesota abbia mai visto. Tutto è successo sabato e sabato negli Stati Uniti non era una giornata qualunque. Sabato, “Flag Day“, la giornata della bandiera, giornata di grande tensione politica nazionale.
Sebbene il movente non sia ancora ufficialmente stabilito, si sa che il sospettato aveva con sé una lista di nomi, a quanto pare una lunga lista di nomi, tutti eminenti esponenti del Partito democratico e personaggi legati al Planned Parenthood o al movimento per il diritto all’aborto. Così Boelter avrebbe fatto giustizia.
Alvin M. Winston, lo special agent responsabile dell’FBI nell’area di Minneapolis, non appena i contorni della vicenda hanno cominciato a definirsi, si è sentito in dovere di dichiarare che “political violence has no place in this country“, nel nostro Paese non c’è posto per la violenza politica.
Bastasse dichiararlo… Dall’assassinio di Abraham Lincoln nel 1865 all’assalto del Capitol del 2021, l’America fatica a dare un volto alla sua democrazia ed al suo bisogno di giustizia.
E così come chiediamo a Boelter che senso abbia uccidere per difendere la vita, chiediamo a chi già invoca per lui la pena di morte che senso abbia combattere la morte con la morte.
God Bless America!
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