Da oggi Italia tutta in zona bianca e stop all’obbligo di mascherina all’aperto, ma continua a far paura la variante Delta. Sempre oggi l’Istituto superiore di sanità (Iss) diffonderà i dati di quella che si chiama flash survery, che fornisce un’indicazione più accurata sulla diffusione della variante Delta o indiana, che secondo il coordinatore del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid e presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, dovrebbe comunque essere “sotto il 20%”.
Ma quanto dobbiamo davvero preoccuparci, alla luce anche di quel che succede in Gran Bretagna e in Israele? Quali armi abbiamo per contrastarla? E soprattutto: rischiamo di andare incontro a settembre a nuove chiusure e a un nuovo lockdown? Ne abbiamo parlato con il professor Massimo Ciccozzi, ordinario di Statistica medica ed epidemiologia all’Università Campus Biomedico di Roma.
L’Iss ha lanciato lancia l’allarme sulla presenza di focolai della variante Delta. Come spegnerli subito?
Bisogna intervenire con tempestività, utilizzando la medicina di territorio, l’epidemiologia di territorio. La variante Delta ha subìto una mutazione che la rende molto più contagiosa di quella inglese, la alfa, che adesso è prevalente. E’ altrettanto vero però che abbiamo un numero di casi molto basso, il che ci permette di poter fare il tracciamento, che è l’arma che sconfigge i cluster, perché li individua e aiuta a circoscriverli in breve tempo e quindi a spegnerli. Nell’autunno 2020 non potevamo fare il tracing perché era in atto una forte impennata di casi. Il virus correva più di noi, perché non riuscivamo a tracciarlo. Oggi corre a braccetto con noi, però dovremmo essere più veloci noi, dovremmo anticiparlo.
Come?
Mettendo in campo un meccanismo di sorveglianza di sequenze genomiche come in Gran Bretagna, dove sequenziano il 9,7% dei casi positivi, mentre noi purtroppo siamo ancora allo 0,7%, ben al di sotto della soglia minima decretata.
La Delta è molto contagiosa, ma dal punto di vista dei ricoveri ospedalieri e dei decessi quanto è pericolosa?
Non lo è, è solo più contagiosa, ma abbiamo i vaccini che coprono anche dalla variante Delta. Dobbiamo solo correre a vaccinare.
Magari accorciando i tempi tra prima e seconda dose?
Assolutamente obbligatorio farlo. L’ho sempre detto, fin da quando si era deciso di allungare, seguendo il modello inglese, la seconda dose di Pfizer a 5 settimane, così come di Moderna e di AstraZeneca, che sarebbe stato, e lo è, un errore gravissimo, perché la variante Delta è coperta solo dal 30% al 50%, a seconda del vaccino, con la prima dose. Bisogna fare il richiamo: non a caso gli americani non hanno aumentato l’intervallo tra le due iniezioni. L’idea dell’allungamento per vaccinare più in fretta più persone con la variante indiana è stata una mossa non scientifica, ed è fallita, specie per chi ha fatto la prima dose con AstraZeneca, che copre solo per il 33% dalla variante Delta, come dicono studi condotti proprio dagli inglesi.
La battaglia contro la variante Delta è la cartina di tornasole per capire davvero se i vaccini funzionano?
No, non direi così, perché si sa che il vaccino la copre. Piuttosto direi che è la cartina di tornasole su quanto noi abbiamo imparato, anche dall’autunno scorso. Se non ripetiamo gli stessi errori, vorrà dire che abbiamo capito.
Guardando a ciò che sta accadendo nel Regno Unito e in Israele ha spinto alcuni virologi a prevedere che a settembre l’Italia corre il rischio di ritrovarsi a fare i conti con una nuova ondata scatenata proprio dalla variante Delta. Che ne pensa?
Nessuno ha la palla di vetro e di mestiere faccio l’epidemiologo, non il mago.
Ma, osservando i dati di oggi, che scenario suggeriscono i suoi modelli epidemiologici?
Metto sul piatto della bilancia innanzitutto la vaccinazione, che l’anno scorso non avevamo. Ma se continuiamo a immunizzare con questa velocità e, se saremo bravi avendo imparato la lezione dell’autunno scorso, contrasteremo con un piccolo potenziamento dell’epidemiologia di territorio la circolazione del virus, forse ci salviamo da questa nuova ondata prevista dai virologi. Se tutto questo non accade, ogni scenario è possibile.
La variante Delta potrebbe trasformarsi in una sorta di arma impropria che i chiusuristi possono brandire per chiedere nuove serrate o un nuovo lockdown?
Speriamo no. Non mischiamo la politica con la scienza. La combattiamo come abbiamo imparato a fare e oggi in più abbiamo i vaccini.
Avremo bisogno di una terza dose?
Bella domanda. Moderna la sta preparando sulla base delle varianti che circolano, così come Pfizer, anche perché i vaccini a mRna sono molto più veloci da adeguare. E’ possibile che ci si debba sottoporre a una terza dose in inverno, che poi potrebbe diventare la dose annuale, come si fa per il vaccino anti-influenzale. Prima o poi, è solo questione di tempo, questo coronavirus diventerà esclusivamente umano e come tutti gli altri coronavirus ci darà fastidio con sintomatologia simile all’influenza.
Alcuni virus sono scomparsi da soli, come quello della Spagnola. Non ci sono al momento segnali che anche il Sars-Cov-2 possa fare lo stesso?
Ancora no. Non escludo nulla, compreso un altro spillover, come è successo nel 2003 con il virus della Sars, che ha molto probabilmente fatto un salto di specie verso chissà quale altro animale ed è sparito del tutto. Quando costringi un virus a non infettare, gli togli d’intorno i suscettibili, è possibile che possa fare una mutazione che lo spinge a infettare altre specie, ricominciando il suo ciclo da capo. Lo spero, anche se per ora non lo vedo ancora possibile.
(Marco Biscella)
Leggi anche
- DL MILLEPROROGHE 2025, OK CDM: COSA CAMBIA/ Stop multe no vax (senza rimborsi), slitta polizza anti-calamità
- Vaccini Covid, giudice ordina a FDA di pubblicare nuovi documenti/ "Basta nascondere dati su Pfizer"
- Medico novax radiato dall'ordine, Talamazzi: “Aiuto i danneggiati”/ “Vaccino anti Covid è veleno”
- VACCINI COVID/ Dalla Corte alle Corti: la neutralità che manca e le partite aperte
- INCHIESTA COVID/ E piano pandemico: come evitare l’errore di Speranza & co.
- INCHIESTA COVID BERGAMO/ Quella strana "giustizia" che ha bisogno degli untori