Il vascello che ispirò “I Goonies“, celebre film del 1985 tratto da un soggetto di Steven Spielberg, è riaffiorato nelle acque dell’Oregon, o meglio, sul suo litorale, all’altezza della foce del fiume Nehalem e a 11mila chilometri dal porto di Manila, da cui era salpato. Si tratta di un galeone spagnolo del XVII secolo, che svanì nell’oceano Pacifico nel 1693 assieme al suo carico: piastrelle azulejos, blocchi di cera d’api, porcellane da tè e seta proveniente dalla Cina. Del vascello “Santo Cristo de Burgos” non si ebbero più notizie, almeno fino ai giorni nostri, quando un novero di archeologi marini e di ricercatori ha comunicato che i 16 grandi resti di legno rinvenuti sulla spiaggia sarebbero ciò che resta dell’imbarcazione.
Nel film “I Goonies” (ambientato proprio in Oregon) compare una nave, il vascello “Inferno”, costruita proprio ispirandosi alla Santo Cristo de Burgos. Il “Corriere della Sera” scrive che “è almeno dal 2006 che un’équipe di specialisti ora coordinati da Search Inc., una agenzia culturale locale, lavora per ritrovare ciò che resta del galeone”. Quelli possibili, scomparsi tra Manila e Acapulco nel periodo cui l’analisi del carbonio dei reperti rimandava, cioè tra il 1650 e il 1750, “non erano che due: il Santo Cristo de Burgos, svanito nel 1693, o il San Francisco Xavier, scomparso nel 1705. Il secondo è stato poi scartato: i resti provenivano da una zona sedimentata dopo uno tsunami che ebbe luogo nel 1700. Erano dunque affondati prima”.
VASCELLO DE “I GOONIES” RIAFFIORA NELLE ACQUE DELL’OREGON: LA SEGNALAZIONE DI UN PESCATORE
A rendere possibile l’identificazione di quel che rimane del vascello che ha ispirato “I Goonies” è stato proprio un fan della pellicola, il 49enne Craig Andes, di professione pescatore, che per primo disse che le sedici travi di legno conficcate in una grotta a Nehalem Bay fossero appartenenti a un relitto. Nessuno gli credeva, in quanto lo stato di conservazione di quei resti era talmente buono da non far pensare che fosse stato bagnato dall’acqua salata per più di trecento anni.
Tuttavia, ha evidenziato ancora il “CorSera”, “la zona alla foce del Nehalem è poco salina e il radiocarbonio non ha lasciato dubbi. Le travi sono state recuperate a giugno, in un’impresa a sua volta rocambolesca (pesano 136 chili). Ora, ha comunicato la società, saranno messe a disposizione degli studiosi di galeoni di tutto il mondo”.