Tra le rivoluzioni compiute da Papa Francesco c’è quella delle finanze del Vaticano, ma la sua opera va portata avanti, perché i conti vanno risanati. La sua è stata una opera di trasparenza nella gestione di fondi per contrastare il calo delle donazioni, a cui si aggiunge anche la riforma dello Ior. Ma ha anche alzato gli affitti ai cardinali. Eppure, ci sono ancora diversi problemi da affrontare, motivo per il quale si ritiene che tra i compiti del nuovo pontefice vi sia anche una vera e propria spending review.
Il tema è stato affrontato da MilanoFinanza, che ha raccolto una voce dalle Mure vaticane, quella di una persona che si occupa dei soldi della Santa Sede. In Vaticano c’è la consapevolezza che una delle sfide più complesse che dovrà affrontare il successore di Bergoglio è quella di mettere ordine nei bilanci. “Qui le cose vanno male, lo sanno tutti“, ha confidato.
LA RIFORMA FINANZIARIA DI PAPA FRANCESCO
L’opera di Papa Francesco è stata importante, ma è incompiuta. Durante il suo pontificato ha reso lo Ior conforme alle regole internazionali sull’antiriciclaggio, ha introdotto una nuova figura, quella del revisore, e un segretario per l’Economia, inoltre ha sottratto alla Segreteria di Stato i fondi riservati dopo lo scandalo del palazzo di Londra e accentrato all’Apsa i beni immobili, affidando la gestione di quelli mobili allo Ior. Riforme finanziarie che hanno consentito al Vaticano di diventare un Paese virtuoso.
Ma ci sono ancora i conti pubblici da risanare al Vaticano: le spese aumentano, le entrate calano, così è stato registrato un deficit di oltre 70 milioni l’anno, secondo quanto riportato da Repubblica. Le cifre infatti non sono ufficiali, perché manca un bilancio consolidato dal 2022. Il prossimo bilancio dovrebbe contare sulle gestioni positive di Ior e Apsa, i cui risultati sarebbero in crescita secondo MilanoFinanza. La situazione è complessa per l’anno in corso, visto che non è stato contenuto il deficit secondo la spending review voluta da Papa Francesco.
DONAZIONI QUASI DIMEZZATE
Quindi, il nuovo pontefice dovrà lavorare a un piano di riduzione dei costi, anche a costo di tagliare il numero di dipendenti, con tutte le tutele del caso. L’auspicio è che crescano le donazioni, visto che da queste dipende gran parte del sostentamento della Curia romana. Nel 2009 superavano gli 82 milioni di euro, nel 2023 ammontavano a 48,4 milioni. Quasi dimezzate.
Anche per questo Bergoglio ha tagliato le spese, tagliando affitti di favore per gli appartamenti dei cardinali, riducendo del 10% lo stipendio dei cardinali, mentre poco prima del ricovero al Gemelli ha creato una commissione per incentivare le donazioni anche con campagne presso i fedeli, ma coordinerà anche gli altri strumenti per le raccolte fondi.
VATICANO, IL BUCO DEL FONDO PENSIONI
Altro problema da affrontare è il fondo pensioni dei dipendenti vaticani, che sarebbe gravemente a rischio. Si parla di un buco di oltre 500 milioni, ma potrebbe arrivare a un miliardo di disavanzo prospettico secondo MF. Dovrebbe metterci una pezza l’Apsa con le operazioni straordinarie condotte l’anno scorso, le cui plusvalenze verranno girare appunto al fondo pensioni.
Ma non è un rimedio definitivo. Il lavoro andrà svolto con i nuovi vertici finanziari, perché la morte di Papa Francesco ha fatto decadere quelli nominati. Tra i dossier per il nuovo Papa anche il parco agrivoltaico per rendere il Vaticano il primo Stato carbon-free, con un risparmio di 25-30 milioni l’anno di bolletta.