Il Governo continua a lavorare alla messa a punto della Legge di bilancio. Intanto sono arrivati i dati Istat sulla povertà
Mentre il Governo lavora ancora alla messa a punto della Legge di bilancio, l’Istat ieri ha fatto sapere che, secondo le sue stime, nel 2024 2,2 milioni di famiglie (l’8,4% del totale di quelle residenti) e 5,7 milioni di individui (il 9,8% dei residenti) si trovavano in condizione di povertà assoluta. Si tratta di dati grosso modo in linea con quelli dell’anno precedente, come pure quelli riguardanti la povertà relativa.
«È un bene – è il commento di Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano – che non ci sia stato un peggioramento evidente, ma si tratta di una stasi di cui non si può essere molto soddisfatti. Ci sono alcuni territori, come il Mezzogiorno e le grandi aeree metropolitane, o soggetti, tra cui le famiglie numerose e gli stranieri, più in difficoltà, ma penso sarebbe prioritariamente cruciale concentrare l’attenzione della politica su due criticità».
Quali?
La prima è legata proprio alle famiglie numerose. Sappiamo quanto sarebbe importante per il nostro Paese assistere a un incremento della natalità, ma i dati dell’Istat ci dicono che all’aumentare del numero dei figli per le famiglie cresce anche l’incidenza della povertà assoluta. La seconda riguarda la discriminante data dall’avere o meno una casa di proprietà: l’incidenza della povertà assoluta delle famiglie in affitto è cinque volte più alta di quelle con casa di proprietà. Considerando che gli affitti e i prezzi delle abitazioni continuano a essere elevati, c’è una questione abitativa che andrebbe affrontata.
I dati Istat si riferiscono al 2024, quest’anno è entrata in vigore una detassazione per le imprese che erogano un contributo per gli affitti ai neoassunti che devono trasferirsi per motivi di lavoro. Una misura che potrebbe essere prorogata nella manovra…
Una misura positiva, ma che mi sembra possa coinvolgere principalmente le grandi e medie imprese, non le piccole che rappresentano la maggioranza del nostro tessuto produttivo. Lo stesso risultato potrebbe essere ottenuto con livelli di redditi da lavoro più alti rispetto a quello attuale. Il lavoro, tra l’altro, resta il principale strumento di protezione dalla povertà, purché sia adeguatamente retribuito. Diversamente rischiano di aumentare le disuguaglianze.
Nella Legge di bilancio ci sarà un taglio dell’Irpef per i redditi fino a 50.000 euro, che consentirà di avere qualche risorsa in più in busta paga.
Si tratta di un intervento che va nella giusta direzione, ma sappiamo che i benefici concreti saranno limitati. Mi sembra anche positiva l’idea di incentivare, attraverso la manovra, gli aumenti retributivi che scattano in occasione dei rinnovi contrattuali. Penso in ogni caso che ci sia anche un altro fronte su cui si può intervenire.
Quale?
Il problema della povertà lo si comprende meglio se si tiene conto che esistono spese fisse e irrinunciabili, oltre il cibo, che oggi risultano poco comprimibili e sono legate alla casa: l’affitto, il mutuo, le spese condominiali e le bollette. Le politiche fiscale ed energetica potrebbero essere tarate per cercare di diminuire questi costi fissi. Farlo per tutti sarebbe ovviamente molto oneroso. Penso sarebbe opportuno, pertanto, trovare il modo di concentrare lo sforzo su quelle famiglie “borderline”, che sono appena sotto o appena sopra la soglia della povertà, in modo che possano avere una boccata d’ossigeno concreta.
Cosa pensa della Legge di bilancio cui sta lavorando il Governo?
È un bene che la manovra sia prudente vista la situazione internazionale. Questo vuol dire che gli interventi non possono che essere più che marginali. Si tratta di fare oggi un sacrificio per uscire da una situazione in cui il Paese si trova dal punto di vista dei conti pubblici. Dopodiché ci sarà un margine più ampio per fare alcune cose. La priorità, dato che ogni anno si dice che abbiamo una situazione di emergenza per la natalità, allora andrebbe data al sostegno delle famiglie con figli.
In che modo, concretamente?
Da tempo sostengo la necessità di introdurre il quoziente familiare in Italia. Tuttavia, penso che andrebbero vagliate tutte le opzioni possibile per sostenere le famiglie con figli. C’è quindi spazio per una decisione politica sul sostegno in denaro piuttosto che in termini reali. Pensiamo a servizi come l’asilo nido piuttosto che alla fornitura dei libri di testo scolastici. Se guardiamo alla Francia, che viene spesso indicata, a ragione, come modello per le politiche familiari, lì esiste l’allocation de rentrée scolaire che aiuta le famiglie a sostenere le spese per tutto il percorso scolastico dei figli.
(Lorenzo Torrisi)
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