È primavera, sbocceranno le alluvioni. È questa la certezza che ormai si è insediata nella coscienza di chi abita in posti che si chiamano Emilia, Romagna, Toscana e giù di lì. Piove? Se dura un po’ di giorni, com’è appena accaduto, sta’ pur sicuro che da qualche parte, le nostre parti, i fiumi esonderanno, le case e i campi si riempiranno di fango e andrà bene se non ci scapperà il morto. Che accada in una città o nell’altra, in questa provincia e non in quella, è pura fatalità.
In questi giorni, ad esempio, Cesena è stata risparmiata, Ravenna no; Bologna è andata sott’acqua, Rimini se l’è cavata. Ma chissà la prossima volta a chi tocca. Si tratta di fortuna, fatalità, di ciò che frulla in testa ai nuvoloni, che li porta a sfogarsi ora qua ora là.
Di fronte a uno stallo che dura mesi, anzi anni ormai (ci sono famiglie e aziende che spalano il fango in casa puntualmente e annualmente) si riaccende il duello tra fazioni a questo punto inconciliabili, che Pier Paolo Pasolini aveva individuato e stigmatizzato così lucidamente: la massa e il potere.
Da una parte infatti ci sono i cosiddetti “romagnoli”, i quali sostengono con sempre più forza che il disastro attuale viene da errori amministrativi e politici incentrati su una deleteria ideologia ecologista, riassumibile così: per rispettare il territorio non si deve intervenire, ma lasciare che la natura reintegri secondo i suoi ritmi un equilibrio devastato dall’intervento umano: e, come le cronache ci raccontano, ultimamente bersaglio privilegiato di questa ideologia è l’agricoltura.
A proposito di acque e territorio, ciò significa che i letti dei fiumi e perfino i fossi sono lasciati a sé stessi, ingombri di vegetazione e di legname, che la prima piena trascina e porta a intasare i fiumi i quali poi, appena piove un po’, esondano.
Ah, quando c’erano i nostri nonni contadini che avevano cura della terra ciò non accadeva!, tuona come un mantra la voce popolare romagnola, che per l’occasione ha anche inventato una parola per nominare il bersaglio: “gli studiati”. In italiano si dice “gli esperti”, che nel caso presente corrispondono agli “ecologisti”, politicamente coinvolti dal potere regionale per giustificare la propria inazione.
Ora è chiaro che questa voce popolare, autentico elogio dell’ignoranza, è una sonora baggianata. Non solo perché le alluvioni c’erano anche ai tempi dei nonni contadini e spazzini, ma perché, come direbbe Pasolini, i romagnoli non esistono. Come probabilmente ogni altra etnia del mondo, di questo mondo globalizzato, essi sono ormai diventati massa, folla. E la massa moderna, plasmata dal consumismo, è stupida; non occorreva aspettare Pasolini, l’aveva già rappresentata Manzoni con la rivolta del pane nei “Promessi sposi”, o Baudelaire che chiamava i componenti della folla che vedeva formarsi sotto i suoi occhi, cioè i parigini, “ciechi”.
La massa funziona così: uno dice una sciocchezza, quelli intorno la sentono e la amplificano, finché diventa confusione generale, con l’attuale aggravante dei social attraverso cui, diceva il bolognese Umberto Eco, le stupidaggini che prima venivano dette e ascoltate al bar adesso sono potenzialmente mondiali.
All’opposto della massa sta la politica, quella che Pasolini chiamava potere. Nel commentare il suo ultimo, terribile film Salò o le 120 giornate di Sodoma, che mette in scena il sadomasochismo di Sade in epoca nazifascista, egli afferma che il potere è anarchico, quindi arbitrario. Insomma, fa quello che vuole, cioè il caos.
Il segnale di questo è lo spavento del potere stesso di fronte alla sua anarchia, a cui risponde scrivendo le regole: nel film personaggi apparentemente secondari, collaboratori dei quattro signori che organizzano le orge a Salò, passano il tempo a redigere regolamenti. Ed ecco spiegato il potere in Emilia-Romagna, specificatamente del partito che, pur cambiando nome, la governa da sempre come un feudo, il Pd.
Facendo ad esempio mente locale al mantra delle sue campagne elettorali, la cosa si fa lampante: occorrono le regole, servono regole condivise. Come si contrastano le morti sul lavoro? Servono le regole (e giù a complicare le norme sulla sicurezza e rendere costosissimi per le aziende i corsi di formazione, di solito pletorici). Come si equiparano i salari? Servono le regole (il salario minimo, come se non ci fosse già).
Come si cura il territorio? Servono le regole: bisogna rispettare la natura, deve occuparsene chi è esperto di ecologia, bisogna fare i bandi, gli appalti e i subappalti, altro che nonni contadini, che rovinano l’ambiente con la loro assurda pretesa di coltivarlo! E giù regole, che poi il potere stesso non rispetta (rispettano le regole di umanità Biden, Trump o Netanyahu?).
Un amico dell’Aquila, città ricostruita dopo il devastante terremoto di alcuni anni fa, mi ha detto terrorizzato e divertito che se in regione ci fosse stato il Pd starebbero ancora cercando di scrivere le regole su come fare i bandi per la ricostruzione.
Forse la Salò di Pasolini è un’efficace rappresentazione del potere che lascia una regione alluvionata ogni volta che piove due giorni. Non c’entra nulla il colore politico, stiano tranquilli De Pascale e i suoi amici (anche se forse vale la pena non dimenticare l’inventore mondiale del fascismo, un romagnolo in origine socialista; o Elly Schlein, una che è passata da incarichi politico-amministrativi in regione), qui vale solo la metafora: l’arbitrio, l’anarchia, il caos a cui il potere risponde con l’iperfetazione di regole e leggi che bloccano chi potrebbe, con un po’ di ragionevolezza e umanità, aver cura della terra e dell’uomo stesso.
Stiano tranquilli anche sul popolo, che non esiste, forse perché non legge Pasolini, Manzoni o Baudelaire e se ne vanta (siamo nell’epoca in cui gli ignoranti sono fieri di esserlo) e infatti starnazza un po’ di sciocchezze ma continua a votare gli stessi nei secoli dei secoli. Popolino che non legge neanche i giornali, altrimenti saprebbe che uno dei primi atti della giunta regionale è stato aumentare clamorosamente Irpef, bollo e ticket (bravi, sono cose che si fanno a inizio legislatura).
A cosa serviranno tutti quei soldi? Ad impedire le alluvioni no, come abbiamo visto. Forse a comprare le armi, come ci ha prescritto l’Europa, cosa che sapremo quando il Pd avrà deciso cosa decidere al riguardo, nel caos anarchico delle sue posizioni e manifestazioni (qualcuno l’ha capito?). Si chiarirà, supponiamo, quando avrà scritto regole condivise da tutto il partito, le quali però non spaleranno il fango che, intanto, continua a riempire le nostre case.
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