La tregua si può fare, ma alle condizioni di Putin, quelle che il Cremlino ripete ormai alla noia da mesi. Il presidente russo non ha detto di no alla proposta americana di un cessate il fuoco di 30 giorni in Ucraina, ma vuole che vengano affermate l’impossibilità per Kiev di entrare nell’Alleanza Atlantica e il riconoscimento dei territori rivendicati da Mosca, e che questi principi diventino le basi dell’accordo di pace.
I russi, spiega Giorgio Battisti, già comandante del Corpo d’armata di reazione rapida (NRDC-ITA) della NATO in Italia e capo di Stato Maggiore della missione ISAF in Afghanistan, vogliono completare la riconquista di Kursk e non vogliono sedersi a un tavolo prima di averla portata a termine.
La trattativa USA-Russia, comunque, non riguarderebbe ormai solo la guerra: americani e russi vogliono collaborare nel campo dell’energia, coinvolgendo Gazprom e ripristinando il Nord Stream, condizione per riprendere le forniture russe all’Europa. Un piano finora solo abbozzato, ma che escluderebbe ancora di più gli europei dalla gestione della loro economia.
Trump propone una tregua di 30 giorni, ma Putin, prima di dire di sì, vuole che vengano accolte una serie di condizioni. Come si può raggiungere l’obiettivo del cessate il fuoco?
Trump vuole dimostrare di essere l’uomo della pace, come ha promesso in campagna elettorale e il giorno del suo insediamento alla Casa Bianca. Putin, da parte sua, alla luce della nuova stagione di rapporti fra Washington e Mosca, alla proposta americana non poteva opporre un no secco, anche se aveva dichiarato in passato che non avrebbe accettato una tregua temporanea, perché avrebbe favorito gli ucraini. Per questo ha avanzato una serie di richieste.
Perché Putin prende tempo?
In questi giorni c’è stata una forte accelerazione dell’offensiva russa nel settore dell’oblast di Kursk, che sostanzialmente è stato ripreso. Zelensky e il suo capo di Stato Maggiore hanno dovuto ammettere che le forze ucraine sono state costrette a ritirarsi.
Infatti, il capo delle forze armate russe, Gerasimov, ha riferito che l’area è stata riconquistata per l’86%, mentre Trump avrebbe addirittura chiesto al Cremlino di non infierire sui soldati ucraini e di salvarli. È anche per questo che Putin temporeggia?
Uno dei motivi per cui Putin non vuole la tregua è che non vuole rinunciare a certi vantaggi che sta acquisendo sul campo. Le forze ucraine sono accerchiate, si parla di 10.000 uomini. Non per niente il presidente russo si è recato nel Kursk in uniforme da combattimento: un segnale per far capire che stava conducendo in prima persona il conflitto e che i risultati sono molto favorevoli alla Russia. Da questo punto di vista, non ha nessun interesse ad accettare la tregua.
È arrivato a dichiarare che le forze ucraine che sono ancora sul territorio russo hanno solo due possibilità: arrendersi o morire. In ogni caso, prima di accettare qualsiasi contatto per un cessate il fuoco, aspetta che tutto il territorio di Kursk sia ritornato completamente in mani russe: vuole fare in modo che l’Ucraina non possa dare seguito a forme di ricatto territoriale. Putin, cosa che non aveva fatto prima, ha inviato lì le truppe più combattive che ha: i paracadutisti e i fanti di Marina.
Quindi, alla fine la tregua la fanno o no?
Putin ha dichiarato che la tregua è possibile, ma alle sue condizioni, delle quali, dopo aver incontrato l’inviato USA Steve Witkoff, parlerà con Trump. Sostanzialmente, ha confermato che l’accordo per un cessate il fuoco temporaneo deve essere il prodromo di un’intesa di pace duratura e definitiva. I punti su cui insiste sono sempre quelli: no all’adesione di Kiev alla NATO, Ucraina neutrale con forze armate molto limitate, riconoscimento dei quattro oblast, più la Crimea, che la Russia ha annesso al suo territorio. Su questo non tornerà indietro.
Queste sono le principali richieste. Ce ne sono anche altre?
Il Cremlino chiede che, in questo eventuale mese di tregua, l’Ucraina non riceva ulteriori armamenti dall’Occidente e che non possa arruolare altri soldati. Altrimenti, la tregua servirebbe per riorganizzare l’esercito ucraino mettendolo in condizione di combattere meglio. Putin vuole sapere anche chi controllerà la tregua, tenendo conto che ci sono 1.200 chilometri di fronte. Potrebbe essere una commissione internazionale o una commissione mista Stati Uniti-Russia.
Secondo Bloomberg, gli USA starebbero pensando di collaborare con il colosso energetico russo Gazprom per una cooperazione che riguarderebbe progetti in Europa e Asia. Lo ha accennato anche Putin, ipotizzando un ripristino delle forniture di gas all’Europa. Gazprom vorrebbe che gli americani contribuissero a rimettere in funzione il Nord Stream. La fine della guerra in Ucraina apre a scenari impensabili fino a poche settimane fa?
Trump non è un politico, è un imprenditore che agisce per fare business, per guadagnare sempre di più. In lui prevale questa mentalità. D’altra parte, molti componenti del suo staff non sono politici di professione, ma provengono da altri mondi. Lo stesso Witkoff è un grosso imprenditore immobiliare. Quello che gli interessa non è solamente la tregua, ma l’estensione dei possibili rapporti commerciali tra i due Paesi, rapporti che, comunque, escludono l’Ucraina.
Una collaborazione degli statunitensi con Gazprom ripristinando il Nord Stream a cosa porterebbe?
Sarebbe un ulteriore passo per escludere l’Europa dalla gestione delle proprie risorse e della propria economia. Già prima del conflitto, Biden aveva dichiarato di essere fermamente contrario all’attivazione di Nord Stream 2, perché questo avrebbe fatto sì che gli europei avrebbero acquistato meno gas dagli Stati Uniti. Tanto che, dietro il sabotaggio del gasdotto, attribuito a forze speciali ucraine, si è ipotizzato che ci fosse l’intenzione americana di chiuderlo.
Adesso gli americani diranno all’Europa che può rifornirsi dai russi perché, in questa nuova situazione, farebbero affari anche loro?
Più o meno è così. In questo contesto va letta la dichiarazione del segretario generale della NATO, Mark Rutte, secondo il quale, se si arriverà alla pace, bisognerà riaprire i rapporti con la Russia. Anche il suo predecessore, Jens Stoltenberg, ha attirato le lamentele di chi lo accusava di parlare senza consultarsi con i Paesi dell’Alleanza. Le sue posizioni erano allineate con quelle americane. Lo stesso fa Rutte: anche lui sa che gli USA sono gli “azionisti di maggioranza” della NATO.
Tirando le somme, comunque, Putin dirà di sì alla tregua se verranno assecondate le sue richieste, facendole diventare le condizioni che costituiranno le basi dell’accordo di pace?
Putin vuole delle garanzie, approfittando del fatto che Trump si è presentato all’opinione pubblica interna e a quella mondiale come il pacificatore del mondo.
(Paolo Rossetti)
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