Se c’è una certezza nella politica italiana è che le elezioni non finiscono mai. Archiviate le amministrative di giugno, è già il tempo delle regionali, che terranno banco in autunno, per di più in ordine sparso, senza un unico election day per le sei regioni chiamate alle urne, visto che ciascuna può sostanzialmente scegliere in autonomia.
Prendiamo ad esempio le Marche, l’unica in cui il quadro dei candidati principali è sostanzialmente già definito. Il governatore uscente, Francesco Acquaroli (FdI), vuole votare a settembre, forse il 21. Il suo sfidante, l’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci (Pd), oggi europarlamentare, vorrebbe che i seggi si aprissero più o meno un mese dopo. E in una situazione di grande incertezza come quella marchigiana ogni dettaglio può fare la differenza.
Le Marche sono decisive per la lettura politica del risultato finale: oggi la situazione di partenza è 4 regioni a 2 in favore del campo largo. Se si passasse al 5-1 sarebbe un successo che darebbe una spinta significativa verso le amministrative della primavera 2026, dove si voterà in una gran quantità di comuni di rilievo, in testa Roma, Milano, Torino e Napoli, oggi tutti guidati da sindaci di centrosinistra.
L’unica realtà in cui la vittoria della coalizione di governo sembra scontata è il Veneto. Anche qui, però, la sorpresa è dietro l’angolo. Intorno a Luca Zaia, il più popolare dei governatori, si è svolto un durissimo braccio di ferro sulla possibilità del terzo mandato, ipotesi che sembra tramontata per sempre per l’intransigenza di Forza Italia.
La scelta del suo successore è quindi politicamente una questione scottante. Negarlo alla Lega significherebbe umiliare oltre il sopportabile il Carroccio. Gli alleati, però, scalpitano: Fratelli d’Italia si sente forte e fa circolare i nomi di due senatori, Luca De Carlo e Raffaele Speranzon. Gli azzurri ribattono con Flavio Tosi, che fu sindaco leghista di Verona, ma che oggi è animato da spirito di rivalsa nei confronti di Zaia.
Complicato collegare la scelta del governatore del Veneto con quello lombardo, visto che sarà rinnovato solo nella primavera 2028. La Lega in Veneto è pronta con il vice di Salvini, Alberto Stefani, ma qualche chanche ce l’ha anche il sindaco di Treviso, Mario Conte.
Il nodo potranno scioglierlo solo i tre leader, e dovranno in qualche modo tenere in considerazione la posizione di Zaia. I segnali dicono che Meloni stia maturando la convinzione che non si possa schiacciare oltremisura l’alleato leghista, pena il rischio di una rottura degli equilibri di maggioranza.
Speculare al Veneto è la situazione in Campania. Anche qui il centrosinistra può vincere, a patto di trovare una qualche forma di intesa con Vincenzo De Luca, cui è stato negato il terzo mandato. In pole position l’ex presidente della Camera, il pentastellato Roberto Fico, che a De Luca non è mai piaciuto.
Se il governatore uscente dovesse sabotare l’intesa Pd-M5s, allora in Campania potrebbe accadere di tutto, persino una vittoria del centrodestra, eventualità verificatasi una sola volta, nel 2010 con Stefano Caldoro. Per la designazione del portabandiera della coalizione di governo siamo però in alto mare: tramontata l’ipotesi del forzista Fulvio Martusciello, alle prese con guai giudiziari a Strasburgo, circola il nome del viceministro di FdI, Edmondo Cirielli.
Tutto più scontato sembra in Puglia e Toscana. Michele Emiliano sembra essere più rassegnato di altri al no al terzo mandato. A succedergli potrebbe essere Antonio Decaro, oggi europarlamentare, già popolarissimo sindaco di Bari.
In alto mare la scelta del suo possibile oppositore. È circolato il nome del viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, forzista, ma qualcuno ha buttato lì persino l’ipotesi di rottura di Roberto Vannacci, attuale vice di Salvini come Stefani.
Sul velluto dovrebbe andare la riconferma di Eugenio Giani in Toscana, anche se potrebbe pesare il caso di Prato, dove la sindaca Pd Ilaria Bugetti, finita al centro di un’inchiesta che ha decapitato la giunta, ha evitato l’arresto dimettendosi da prima cittadina della seconda città della regione. Nel M5s qualche dubbio se rinnovare il sostegno a Giani è circolato. Il centrodestra sta alla finestra, e pensa al sindaco FdI di Pistoia, Alessandro Tommasi.
Sesta regione al voto sarà la Valle D’Aosta, guidata da autonomisti e centrosinistra. Ma qui il 10 agosto i cittadini saranno chiamati a confermare la nuova legge elettorale in un referendum sotto la canicola. È proprio vero, in Italia le elezioni non finiscono mai. E ogni elezione è una sfida politica all’ultimo sangue.
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