Vincenza Esposito, condannata all’ergastolo per istigazione
Il 22 aprile 2016 numerosi proiettili vengono esplosi nel pieno centro di Napoli, al Rione Sanità. L’evento diventerà (tristemente) famoso con il nome di strage delle Fontanelle, prendendo il nome della via in cui è avvenuta. Due persone vengono uccise, Giuseppe Vastarella e Salvatore Vigna, mentre altri tre rimangono feriti, Dario Vastarella, Antonio Vastarella e Alfredo Ciotola. La puntata che andrà in onda sabato 23 di Un giorno in pretura ripercorrerà proprio quella giornata, ricostruendo relazioni e ragioni che hanno portato gli imputati a compiere gli efferati omicidi.
Gli imputati sul banco sono cinque: Antonio Genidoni, capo clan dei Barbudos, sua moglie Vincenza Esposito, la madre Addolorata Spina, Emanuele Esposito accusato di essere l’esecutore materiale della strage, e Alessandro DAniello, specchiettista del killer. Tutti e cinque, davanti alla corte d’Assiste di Napoli, sono stati accusati e gli è stato comminato l’ergastolo, con un anno di isolamento. La ragione del duplice omicidio, secondo il Pubblico Ministero, sarebbe un regolamento di conti dopo che, nel 2015, sono stati uccisi Pietro e Ciro Esposito.
Strage delle Fontanelle, l’accusa a Vincenza Esposito: cosa è successo
Secondo le varie ricostruzioni che si sono susseguite dopo il duplice omicidio che ha preso il nome di strage delle Fontanelle, e che hanno portato all’accusa a carico di Antonio Genidoni, Vincenza Esposito, Addolorata Spina, Emanuele Esposito e Alessandro DAniello, tutto accadde in una frazione di minuti in quel 22 aprile del 2016. Ci troviamo nel circolo Maria Santissima dell’Arco in via Fontanelle, 193, nel centro di Napoli, al Rione Sanità. Due uomini in scooter completamente vestiti di nero si avvicinano al circolo. Alcune persone che erano lì vicino notano distintamente che il passeggero dello scooter aveva una pistola in mano.
Esplode alcuni colpi dall’esterno del circolo, ferendo mortalmente Salvatore Vigna. Una volta entrati nel circolo avrebbero continuato ad esplodere numerosi colpi con le pistole, uccidendo anche Giuseppe Vastarella, in quel momento occupato in una partita a carte. Rimangono feriti da alcuni colpi vaganti anche Dario Vastarella, Antonio Vastarella e Alfredo Ciotola. Da subito quel triste massacro sembrò essere collegato alla guerra tra clan camorristi che c’era in corso in quel momento per il controllo del Rione Sanità. Gli inquirenti misero sotto controllo Antonio Genidoni, figlio del boss Pierino Esposito e fratello di Ciro, entrambi morti nel 2015, collegandolo alla strage delle Fontanelle assieme a Vincenza Esposito, Addolorata Spina, Emanuele Esposito e Alessandro D’Aniello.
Il ruolo di Vincenza Esposito nella strage delle Fontanelle
Tra i cinque imputati per la strage delle Fontanelle figura Vincenza Esposito, moglie di Antonio Genidoni. La sua accusa muove su una direzione diversa rispetto a quelle imputate agli altri accusati. Secondo gli inquirenti, il PM e la corte d’Assise di Napoli, Vincenza Esposito sarebbe stata, assieme ad Addolorata Spina (madre di Antonio), l’istigatrice della strage. L’accusa è stata mossa in seguito all’intercettazione di una telefonata tra le due donne.
Dopo la strage sembra essersi diffuso, tra il clan dei Barbudos, il malcontento per via del fatto di non essere riusciti a colpire Antonio Vastarella, figlio del boss Patrizio. Vincenza Esposito al telefono dice: “sfortunatamente non abbiamo preso il perno principale”, riferendosi ad Antonio, “dovete colpire al cuore e fargli provare lo stesso dolore”. L’altra donna propone di assoldare un killer a pagamento, “mettimi 5000 euro sulla tavola e lo faccio”, propone. Vicenza sembra essere anche disposta a fare da esca pur di riuscire a colpire il figlio del boss Vastarella, “devono vedere me”, dice, “solo così puoi acchiappare a quelli là”. Da questa telefonata gli inquirenti sono riusciti a comminare ad entrambe le donne l’accusa di istigazione in merito alla strage delle Fontanelle.