Schlein si prepara vincere le prossime comunali (e non solo). Questo le consente di non temere l’esito del referendum e la minoranza interna
Elly Schlein ha pianificato con attenzione il 2025, che dovrebbe rappresentare l’anno della svolta: il momento in cui, da leader arrivata senza clamore, si afferma come candidata premier della coalizione di centrosinistra, pronta a contendere la guida del Paese a Giorgia Meloni.
Eppure, questo 2025 si apre ancora con alcune incognite per la segretaria del Pd. Tra queste non ci sono certo le elezioni amministrative, che anzi si presentano come un’opportunità per il centrosinistra e il campo largo di infliggere un colpo significativo al centrodestra.
A Genova, ad esempio, il centrosinistra parte in vantaggio, con una candidata giovane e determinata, scelta in accordo tra le principali anime della coalizione. Anche in molti comuni del Centro-Sud si prevede un buon risultato, con lo sguardo rivolto alle elezioni regionali d’autunno in cinque regioni chiave: Campania, Puglia, Toscana, Marche e Veneto, dove la situazione nel centrodestra appare più incerta del solito.
Proprio sul fronte delle regionali, Schlein sembra aver ottenuto risultati politici rilevanti. In particolare, ha chiuso una questione che da anni divideva il Pd: quella del governatore campano Vincenzo De Luca.
Dopo la bocciatura della legge che gli avrebbe consentito un terzo mandato, la segretaria ha ribadito la volontà di voltare pagina, rifiutando ogni trattativa sul suo eventuale ritorno in campo. La gestione della coalizione in Campania è passata stabilmente nelle mani del Pd nazionale e dei 5 Stelle, con il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi sempre più in posizione di rilievo.
La vera incognita per Schlein riguarda invece il prossimo referendum. Una consultazione che la segretaria avrebbe voluto evitare, vedendola con favore solo se fosse stata abbinata al ben più rilevante referendum sull’autonomia differenziata. Nonostante ciò, sta conducendo con coerenza una battaglia che definisce chiaramente la linea politica del partito, ricostruendo un rapporto con il mondo del lavoro e ponendo le minoranze interne in secondo piano.
Anche la scelta di puntare sul tema della partecipazione, in risposta agli inviti all’astensione provenienti da destra, sta contribuendo a mobilitare l’elettorato di centrosinistra. A questo punto, non è da escludere un risultato significativo sul piano della partecipazione, che potrebbe rappresentare un segnale politico importante.
In questo contesto, le voci critiche interne al Pd appaiono sempre più marginali. La posizione di Stefano Bonaccini, che in passato rappresentava un’alternativa alla leadership di Schlein, oggi sembra orientata a rafforzare la coesione interna, rinunciando a logiche di contrapposizione. Un nuovo gruppo dirigente si sta consolidando, assumendo la guida del partito.
Al di fuori del Pd, si moltiplicano iniziative che cercano di costruire uno spazio politico alternativo. A Milano, ad esempio, esponenti di forze moderate si sono riuniti attorno a un progetto culturale ispirato a Matteotti. Tuttavia, la prospettiva di un’aggregazione moderata in funzione anti-Pd appare ancora lontana.
Matteo Renzi, da parte sua, ha lasciato intendere la volontà di collaborare con Schlein nelle prossime sfide, in cambio di un riconoscimento politico per Italia Viva, come avvenuto nel caso di Genova. Una disponibilità che sembra essere accolta senza particolari resistenze, contribuendo a escludere ipotesi di progetti terzopolisti alternativi al centrosinistra.
In questo scenario, appare difficile immaginare un ruolo determinante per Carlo Calenda, che mantiene una posizione autonoma, così come risulta incerta la strategia del sindaco di Milano Giuseppe Sala, ancora alla ricerca del tempo perduto e di una proposta politica che lo veda protagonista.
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