VITTORIA RONCHEY È MORTA, FILOSOFA E SCRITTRICE MOGLIE DEL GIORNALISTA ALBERTO
Chissà come Vittoria Ronchey avrebbe potuto valutare oggi i programmi sulla scuola in vista delle prossime Elezioni 2022: quella scuola amata, criticata e raccontata per decenni dalla filosofa e professoressa scomparsa oggi 23 agosto. Vittoria Ronchey è morta nella sua casa di Roma all’età di 96 anni dopo il peggioramento delle sue condizioni di salute: il prossimo 23 settembre avrebbe spento le 97 candeline che la rendevano una delle autrici e pensatrici più longeve del panorama culturale, filosofico e scolastico nel nostro Paese. Vittoria Aliberti, questo il nome da nubile, sposò il famoso giornalista ed ex ministro Alberto Ronchey, da cui nacque Silvia, oggi stimata bizantinista, saggista e filologa: è proprio l’amata figlia ad aver dato la notizia che Vittoria Ronchey è morta serenamente nella sua casa romana.
Nel 1992 la moglie di Ronchey (scomparso l’8 marzo 2010 anche lui, ironia del destino, nella stessa casa di Roma) arrivò nella cinquina dei finalisti del premio Strega, grazie al romanzo “1944” dedicato alle proprie memorie private e ai ritratti dell’Italia della Seconda Guerra Mondiale: nel 1996 Vittoria Ronchey vinse il premio Hemingway Lignano Sabbiadoro, nella sezione Narrativa, per “La fontana di Bachcisaray” (Mondadori, 1995). Guerra ma anche ideologie, scuola e sviluppo del Paese: di molto si occupò nel corso della sua carriera la filosofa, professoressa e scrittrice polivalente, amata da una lunghissima schiera di allievi che oggi la ricordano calorosamente sui social.
VITTORIA RONCHEY È MORTA A ROMA: CHI ERA E COSA SCRISSE
Vittoria Aliberti Ronchey – morta oggi nella sua città di adozione, Roma – nacque a Reggio Calabria nel 1925 e per decenni insegnò storia e filosofia nei licei: parallelamente, la signora Ronchey si dedicava alla scrittura di romanzi e saggi filosofici tra i quali certamente il più noto è “Figlioli miei, marxisti immaginari – Morte e trasfigurazione del professore”. In quello scritto, Vittoria Ronchey raccontava il mondo della scuola negli anni difficili del ’68, sfociati poi negli Anni di Piombo: la contestazione, il cambiamento dell’insegnamento e le gravi pecche della scuola a quell’epoca, piacque a molti anche trasversalmente nel mondo culturale-politico dell’epoca.
Piaceva al Segretario PCI Enrico Berlinguer ma anche alla Democrazia Cristiana: da un lato infatti Vittoria Ronchey in quello storico romanzo degli anni Settanta smontava l’intero sistema scolastico imposto fino a quegli anni (sistema di incarico delle docenze, passando per la didattica e i programmi ministeriali), ma con altrettanto lucidità sottolineava la completa inconsistenza dei “metodi sperimentali” di insegnamento che venivano diffusi dalle teorie marxiste e da una classe di docenti quasi interamente “rapita” dalla prosopopea comunista della “lotta di classe”. Vittoria Ronchey fu anche traduttrice, da cui si ricorda in particolare il romanzo “La piccola Fadette” della scrittrice francese George Sand. Il marito Alberto era altrettanto poliedrico e tra le diverse “carriere” intraprese – scrittore, giornalista, politico – si ricordano i gentili neologismi utilizzati ancora oggi per descrivere la realtà politica moderna: il termine “lottizzazione”, ad esempio, fu coniato proprio dal Ministro dei Beni Culturali nel Governo Amato I e nel Governo Ciampi I.