Ci fu una stagione storica in cui la musica italiana viaggiava alta, altissima nelle sfere dell’inventiva e della genialità. Il gruppo italiano che meglio rappresentò quel momento furono senz’altro i genovesi New Trolls. Due anni dopo lo storico album degli inglesi Deep Purple, infatti, Concert for group and orchestra, nel 1971 pubblicarono un disco intitolato Concerto grosso. Fu una svolta nella musica italiana che nessuno aveva osato azzardare, anche perché il gruppo era ancora ai suoi primi passi, aveva già colto qualche successo, ma impegnarsi in una operazione così impegnativa e costosa fu un azzardo. Ripagata dal successo. L’idea era quella di unire musica rock e musica operistica. Dietro a questo c’era il membro fondatore di quelli che inizialmente si chiamavano Trolls, uno dei tanti gruppi beat dell’epica, Vittorio De Scalzi. Cresciuto con una madre musicista professionista, a 4 anni già studiava il pianoforte. Incamerate queste influenze, diede vita a quell’album, il loro secondo, grazie all’intuizione del compositore Luis Bacalov diventato poi famoso per le sue tante colonne sonore cinematografiche che ne curò le musiche: l’idea era proprio un concerto grosso come si chiamavano quelli dell’epoca barocca, affidando a strumentazione rock le parti soliste della partitura, cioè con i New Trolls che suonano e cantano assieme all’orchestra diretta dall’autore. L’intero lato A del disco presenta una suite in quattro capitoli i cui primi tre costituiscono il concerto vero e proprio, secondo la tipica tripartizione del concerto barocco. L’ultimo movimento era un omaggio al chitarrista americano da poco scomparso che si intitolava infatti Shadows (per Jimi Hendrix). Il lato B dell’album è interamente occupato da venti minuti continui di musica incisi dai New Trolls in presa diretta e senza orchestra, la cui sezione conclusiva consiste in un assolo di batteria di Gianni Belleno della durata di quasi sette minuti. Questi New Trolls furono il gruppo leader del cosiddetto rock progressivo degli anni 70.
Di loro, in quella fase, si ricorda anche il magnifico brano Una miniera, dedicato a chi muore di lavoro:
“Le case, le pietre ed il carbone dipingeva di nero il mondo
Il sole nasceva, ma io non lo vedevo mai, laggiù era buio
Nessuno parlava, solo il rumore di una pala che scava, che scava
Le mani, la fronte hanno il sudore di chi muore
Negli occhi, nel cuore c’è un vuoto grande più del mare
Ritorna alla mente il viso caro di chi spera
Questa sera come tante in un ritorno“
Avvertito il cambiamento dei tempi, verso la fine del decennio fecero una svolta pop ma di grandissima classe, ancora una volta grazie alle intuizioni di Vittorio De Scalzi. Produssero due brani diventati indimenticabili nella storia della musica italiana, Aldebaran e Quella carezza della sera, intrecci pieni di malinconia e bellezza e purissima melodia che sbancarono ogni classifica. Negli anni i New Trolls si sarebbero divisi con litigi anche pesanti, litigandosi tra di loro il diritto a usare il monicker. De Scalzi, genovese puro sangue, avrebbe inciso diversi dischi da solista, molti dei quali legati ala sua terra, in dialetto genovese, collaborando anche con Fabrizio De André. E’ morto ieri all’età di 72 anni soltanto, solo una settimana fa si era esibito a Sanremo. Era malato da tempo di fibrosi polmonare che aveva contratto ammalandosi di Covid. I funerali si terranno in forma laica presso la sede del Club Tenco domani. Hanno annunciato la sua morte la moglie e i due figli: “Vittorio De Scalzi ci ha lasciato, ha raggiunto la sua Aldebaran. Grazie a tutti per l’amore che in tutti questi anni gli avete dimostrato. Continuate a cantare a squarciagola “Quella carezza della sera… lui vi ascolterà”.