Omicidio Yara Gambirasio, Salvagni (legale di Bossetti) su Ignoto 1: "Contaminazione o non è il suo Dna". Ma solo una vera svolta può portare alla revisione
L’avvocato Claudio Salvagni non si arrende: la sua battaglia per provare a riaprire il caso Yara va avanti, soprattutto dopo aver ottenuto la copia dei tracciati delle analisi genetiche. Il legale di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, ne ha parlato a Incidente probatorio, programma di Cusano Media Play, partendo da una critica al “doppio standard” mediatico e giudiziario.
Salvagni sostiene che la vita privata di Bossetti sia stata esposta pubblicamente senza alcuna utilità investigativa o processuale e che ciò sia avvenuto per influenzare l’opinione pubblica in senso colpevolista.
Quindi critica la decisione di multare la serie TV Netflix sul caso per aver usato le intercettazioni dei genitori della vittima, non finite a processo, ricordando che erano nel fascicolo, mentre elementi privati della vita del suo cliente, che non avevano alcuna rilevanza penale, sarebbero stati diffusi liberamente.

«Alcuni elementi non sono nemmeno entrati nel processo, eppure sono stati sbandierati da tutti i media con forza, e serviva unicamente a massacrare quest’uomo, a trasformarlo in un predatore sessuale agli occhi dell’opinione pubblica. Elementi privati, privi di rilevanza processuale, sono stati resi pubblici senza scrupolo», afferma Salvagni.
SALVAGNI CONTESTA LA MULTA ALLA SERIE NETFLIX
Secondo il legale, il Garante della privacy ha espresso un giudizio morale, non giuridico, e la serie ha mostrato la sofferenza dei genitori di Yara senza creare alcun danno superiore a quello già vissuto nella tragedia.
«Ritengo che la diffusione di audio che sono presenti nel fascicolo processuale abbia reso più umana quella famiglia, che si è completamente estraniata da questo processo, mai apparsa pubblicamente, e ha tutta la mia comprensione e stima. Sentire quelle parole ha permesso di comprendere la sofferenza dietro una sparizione così tremenda e un delitto così terribile», aggiunge il legale di Bossetti.
Per l’avvocato «era un diritto e un momento di cronaca legittimo, un contesto necessario. Il Garante della privacy giunge a un giudizio morale ed etico, non giuridico. Non deve insegnare a noi che cosa è giusto e sbagliato dal punto di vista morale».
LA DIFESA DI BOSSETTI CONTRO IGNOTO 1
Non poteva mancare un intervento su Ignoto 1, il nodo centrale, visto che per Salvagni l’intero impianto accusatorio si basa sull’attribuzione di quel DNA a Bossetti. Ma secondo il legale, tale attribuzione scientificamente non regge per un motivo decisivo: manca il DNA mitocondriale. Infatti è stato trovato solo il DNA nucleare, non quello mitocondriale, che invece è la parte più resistente; perciò ritiene «impossibile» che si possa attribuire il DNA a Bossetti senza che sia presente anche il suo mitocondriale.
«O la scienza sa dare una spiegazione scientifica sul perché manca questa componente attribuita a Massimo Bossetti, oppure semplicemente quello non è il suo DNA».
Salvagni attacca anche la Cassazione per aver sostenuto che il DNA mitocondriale «c’è ma non si vede», commentando ironicamente: «È come Babbo Natale: c’è ma non si vede». Una giustificazione priva di base scientifica per l’avvocato, secondo cui serve solo a evitare il crollo dell’impianto probatorio.
«Riteniamo che, se quel DNA non è frutto di una contaminazione, se non è il risultato di un “viaggio tortuoso”, allora non è il DNA di Massimo Bossetti. E se non è il suo, allora né la madre né il padre, secondo quanto individuato dalle sentenze, sono i genitori di Ignoto 1».
L’ANALISI DEI TRACCIATI DEI DNA
Arrivando al presente, quindi ai dati grezzi ottenuti dieci anni dopo, nonostante siano stati richiesti sin dal processo, ora si punta alla ricostruzione degli incroci genealogici e si vuole verificare se il profilo genetico attribuito a “Ignoto 1” è compatibile o meno con Bossetti e con la genealogia ricostruita dall’accusa. Pertanto il riesame dei dati potrebbe costituire una nuova prova utilizzabile per un’eventuale richiesta di revisione.
«È un’operazione molto lunga e molto complessa, ma che potrebbe portare a una svolta, proprio perché questa è una prova nuova. Non l’abbiamo mai potuta esaminare prima. Se questo elemento ci porterà a un risultato nuovo, potrà essere utilizzato per una revisione».
Ma Salvagni denuncia anche un fatto che considera gravissimo: le provette contenenti le tracce di “Ignoto 1” sono state distrutte due giorni dopo che il giudice dell’esecuzione ne aveva autorizzato l’accesso alla difesa; tutto ciò, sostiene, avrebbe impedito qualsiasi verifica diretta e indipendente, compromettendo la trasparenza del procedimento e alimentando sospetti sulla genuinità della prova.
