La notizia di un possibile utilizzo di miliziani Houthi da parte della Russia nella guerra in Ucraina ha riportato un minimo di attenzione sullo Yemen. Un’attenzione di tipo geopolitico, concentrata sulle attività delle varie potenze coinvolte nell’area, ma senza la dovuta attenzione alla drammatica situazione del Paese.
Lo Yemen sta tuttora soffrendo le conseguenze della guerra civile iniziata nel 2014, lo stesso anno di Maidan e dell’inizio delle guerre in Ucraina, con l’insurrezione degli Houthi, sciiti e appoggiati dall’Iran, contro il governo sunnita sostenuto dall’Arabia Saudita. Nel 2015 i sauditi effettuarono un blocco navale, con la partecipazione degli Stati Uniti, per interrompere il flusso di aiuti militari agli Houthi provenienti dall’Iran. Questo blocco è tra le cause principali di quella che è stata definita dall’Onu come la maggiore crisi umanitaria a livello mondiale.
Attualmente lo Yemen è diviso in tre parti: una governata dal governo centrale sostenuto dall’Arabia Saudita, un’altra in mano ai ribelli Houthi, compresa la capitale Sanaa, una terza, attorno a Aden, dove governa il Consiglio di Transizione Meridionale, separatisti fortemente appoggiati dagli Emirati Arabi Uniti, contrapposti in questo all’Arabia Saudita. Vi è, inoltre, una forte presenza di milizie collegate con al Qaeda. Gli Stati Uniti sono intervenuti, anche recentemente, con attacchi aerei contro gli Houthi, che, da parte loro, continuano a lanciare missili contro le navi che transitano per il Mar Rosso. Come conseguenza, gran parte del traffico commerciale non transita più dallo stretto di Bab el Mandeb, e quindi dal Canale di Suez, ma è costretto a circumnavigare il continente africano, con notevole incremento di tempi e costi.
Negli ultimi due anni l’intensità del conflitto si è ridotta e si è ridotto il numero di vittime dirette della guerra, ma la situazione umanitaria non è migliorata, anche per le inondazioni che hanno colpito il Paese lo scorso estate. Secondo i dati dell’Unicef, su circa 35 milioni di abitanti più della metà ha bisogno di aiuto umanitario e quasi 5 milioni sono rifugiati interni. Soprattutto i bambini sono soggetti a situazioni drammatiche e circa 10 milioni hanno bisogno di aiuto, con quasi 3 milioni affetti da malnutrizione, di cui 600mila a rischio vita. Più di 6 milioni di bambini in età scolare non possono andare a scuola. Anche la situazione sanitaria è molto grave, dato che funziona solo il 50% delle strutture sanitarie.
Nonostante questa tragica situazione, i tre “governi” che si spartiscono il Paese continuano ad essere più interessati ai loro giochi di potere, piuttosto che alle condizioni del loro popolo. Ciò riguarda non solo gli Houthi, classificati dagli Usa come terroristi, ma anche le ricche filoccidentali monarchie limitrofe: Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Lo Yemen si trova al centro dello scontro tra sunnismo e sciismo, come d’altra parte la Siria, dove sono ripartiti gli scontri tra le varie fazioni, una crisi che potrebbe coinvolgere anche l’Iraq, altrettanto diviso. Tuttavia, la distinzione tra i vari campi non è così netta, perché spesso prevale il criterio “il nemico del mio nemico è mio amico”. Così gli sciiti Hezbollah si trovano schierati con i sunniti di Hamas contro il comune nemico israeliano.
Nelle retrovie, ma attivamente impegnate, si trovano varie potenze regionali. Come visto, in Yemen agiscono Arabia Saudita ed Emirati contro gli Houthi e l’Iran che li sostiene. L’adiacente Oman si è tenuto fuori da ogni attività bellica, anzi il Sultanato ha esercitato una notevole attività diplomatica per cercare di mettere d’accordo le fazioni yemenite. Ha inoltre avuto una parte rilevante nel raggiungimento della tregua del 2022, che, benché scaduta, di fatto continua ad evitare scontri troppo estesi nello Yemen.
Sullo sfondo, come sempre più spesso accade e in sempre più regioni, vi è lo scontro tra Stati Uniti e Russia, con dietro le quinte la Cina. I primi sono direttamente presenti nella questione yemenita, i secondi indirettamente, attraverso i contatti con l’Iran, sponsor di Houthi, Hezbollah e del regime sciita di Assad in Siria. Yemen, Siria, Libano, Iraq si affiancano all’Ucraina come teatri di questi scontri, i cui costi vengono drammaticamente pagati dalle popolazioni locali.
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