L’ossessione “nostalgista” per gli anni ’80 fa un passo avanti: se finora si rispolveravano le icone cinematografiche di quegli anni (Ghostbusters e simili) o si ricostruivano le atmosfere del decennio (It, Stranger Things), adesso si ricalcano le strutture dei film dell’epoca. Il nuovo film di Danny Boyle, Yesterday, sembra uscire dal filone di commedie fantastiche e perbeniste figlie della politica e della cultura thatcheriana o reaganiana, come Voglia di vincere o Big.
In questo caso, il film immagina che dopo un blackout mondiale, l’intera popolazione terrestre abbia rimosso chi siano i Beatles e le loro canzoni. Ne approfitta un cantautore in cerca vana di successo che dei quattro di Liverpool e della loro musica continua a ricordarsi: trionfo assicurato con tutto ciò che ne consegue.
Richard Curtis, benemerito sceneggiatore e regista inglese autore di gioielli come Quattro matrimoni e un funerale o Questione di tempo (ma anche geniale creatore di commedie tv come Mr. Bean e Blackadder), parte da un soggetto di Jack Barth rubacchiato da un omonimo romanzo a fumetti del 2011 e scrive una commedia musicale in cui il paradosso di partenza lascia presto lo spazio alla vecchissima dicotomia successo/amore di cui il cinema degli anni ’80 si nutriva in maniera decisamente ipocrita.
Oltre alla struttura da fantasy rosa, di quel cinema restano i bersagli, sempre gli stessi – il capitalismo cattivo che diventa insensato consumismo (in questo caso aggiornato alla moderna industria discografica) -, la costruzione dei sentimenti genuini in alternativa all’affermazione personale, i cliché su cui tutti i personaggi sono plasmati. E anche l’ipocrisia che si diceva prima, perché il successo, il business e l’esaltazione del talento (in questo caso scippato ad altri, come se gli sceneggiatori mettessero le mani avanti sulla poca originalità della premessa) sono elementi cardine del processo che il film racconta e che Boyle e Curtis fingono di criticare per poi bearsene subdolamente.
La funzione di Ed Sheeran, essendo il suo ben più di un cameo, ma un veicolo di auto-ironico narcisismo, è in questo senso esemplare: Yesterday è un’operazione di marketing musicale alla stregua di Bohemian Rhapsody o Rocketman (sarà un caso che anche Queen ed Elton John siano icone britanniche?), volta a esaltare e a rigenerare per le nuove generazioni la grandezza dei Beatles, in modo anodino e quasi santificato, sprecando quasi tutte le possibilità narrative o umoristiche che il plot portava con sé.
Quindi l’accoppiata regista/sceneggiatore si nasconde dietro il paravento di John-Paul-George-Ringo, si piega di fronte al potere del mercato discografico (appunto, il ruolo di Sheeran) e occulta le proprie capacità in una paraboletta facile e dimenticabile in cui nessuno sembra sapere davvero cosa fare, come scrivere o dirigere. Se non rimpiangere i tempi dei Beatles, ripiegare sulla retorica della normalità e del passato, come da sempre si fa quando i tempi si fanno bui.