È cominciata l’era di Zion Williamson: con un po’ di ritardo, per via del brutto infortunio che gli ha fatto saltare tutta la prima parte della stagione, il n.1 assoluto (non solo di maglia) nell’ultimo Draft Nba ha iniziato nel quintetto titolare dei suoi New Orleans Pelicans nella gara andata in scena la scorsa notte contro i San Antonio Spurs di Marco Belinelli. Ebbene, in tre minuti e 8 secondi il giovanissimo Zion si è preso il cuore dell’Nba che da tempo attende gli eredi di LeBron James e Steph Curry: sono 17 punti in soli 188 secondi, un qualcosa di fenomenale, per di più piazzati nel 4° quarto con la sfida tutta in equilibrio tra Spurs e Pelicans. Un fenomeno. Alla fine ad esultare sono gli uomini di coach Popovich, grazie ai 32 punti di Aldridge, ai 20 di DeRozan e agli 8 di Belinelli, ma poco importa: Zion Williamson è sbarcato nella galassia Nba e intende occuparla per diversi anni almeno. Erano 20mila questa notte al Smoothie King Center, quasi tutti per vedere l’esordio del 19enne futuro probabile re del basket: sono però 130 kg da portarsi dietro dopo un lunghissimo infortunio patito nella prima gara dell’anno lo scorso ottobre, e all’inizio si vedono tutti. Poi però la leggiadria e la tecnica iniziano a prevalere e su questo marcantonio col n.1 sulla maglia i titoli iniziano ad “esplodere”. Rimbalzi, tiri dalla lunga distanza, schiacciate e presenza costante nelle trame offensive della squadra di Niccolò Melli, in ombra anche questa volta con un solo punto in 1’22” giocati.
ZION WILLIAMSON, “IL DEBUTTO CHE (QUASI) SOGNAVO”
«Ho 19 anni, non penso al futuro ma solo a vincere le partite: è stata dura dover rimanere in campo solo 4-5’ alla volta. Fosse dipeso da me non avrei voluto nessuna limitazione, ma non sono un medico quindi ho ascoltato quello che mi veniva detto», ha detto Zion Williamson ai giornalisti al termine della gara persa 117-121 contro gli Spurs. 22 punti in 18 minuti scarsi, con quei 17 consecutivi nel quarto tempo che lo proiettano già in una serata da semi-dio con soli 19 anni e pochissimi minuti sulle gambe. «Sì, questa prima volta è andata come sognavo. Ad eccezione per la sconfitta ovviamente. I tifosi e la città hanno reso questi momenti elettrici e indimenticabili. Io però volevo vincere, quindi non vedo l’ora di giocare la prossima partita» confessa ancora Zion, parlando di emozione indescrivibile nel sentire i cori “Mvp, Mvp” al termine del match, «E’ stato decisamente diverso, qualcosa che non credo di aver mai provato prima. Ho provato a rimanere concentrato, perché volevo far vincere la mia squadra». Quel gran signore e uomo di completo rispetto che è coach Alvin Gentry pur conscio che con lui in campo la partita probabilmente l’avrebbero vinta alla fine, ha dovuto toglierlo per non sovraccaricare il fisico di Zion ancora convalescente: «Mi ha risposto che se l’avessi lasciato in campo avremmo potuto vincere la partita. Gli ho risposto che lo sapevo, ma che dovevo toglierlo». I complimenti migliori arrivano però dal maestro tecnico dell’Nba, l’allenatore degli avversari Gregg Popovich «sono contento che sia tornato. È un talento spettacolare ed è un ragazzo eccezionale. Tutto il mondo ha bisogno di vederlo. Il suo rientro è chiaramente un bene per i Pelicans, ma è un bene soprattutto per la pallacanestro in generale. Poi, ripeto, è fenomenale sia come giocatore che come persona».