SOTTO IL CIELO DI ROMA/ Non perdonarono a Pio XII la scomunica dei comunisti

- La Redazione

Lo story editor GIOVANNI CAPETTA e lo sceneggiatore FRANCESCO ARLANCH ci raccontano da dentro un film che vuole mostrare la pasta dei protagonisti di quegli anni cruciali

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«Sfido chi ha una posizione pregiudiziale sulla figura di Pio XII a dirmi che conosce già tutti i fatti che saranno svelati nel film. Giovanni Capetta, story editor della Lux Vide, presenta così la fiction «Sotto il cielo di Roma, che andrà in onda il 31 ottobre e l1 novembre su Raiuno. Un film che non racconta lintero Pontificato di Eugenio Pacelli, ma solo i suoi nove mesi più cruciali: quelli in cui Roma fu invasa dai nazisti che deportarono gli ebrei nei campi di concentramento.

UN «THRILLER SUL PAPA – «Più che una biografia lo definirei un thriller – sottolinea Francesco Arlanch, autore della sceneggiatura insieme a Fabrizio Bettelli -. Tutti i protagonisti del film sono sottoposti fin dallinizio a una situazione di fortissima pressione, per costringerli a mostrare la pasta di cui sono fatti. E Pio XII si gioca nellarco di pochi giorni la sua identità di Papa, il fatto di riuscire a essere il pastore di tutti, ma anche la sua stessa dignità e salvezza spirituale. E perfino la sua sopravvivenza è messa a rischio: nel film è raccontato infatti il piano dei nazisti per rapirlo. Un fatto testimoniato dai documenti storici, che precisano che era già stata scelta anche il luogo della sua prigione. E quello che emerge dalla fiction, come precisa Capetta, è «innanzitutto un Papa che nonostante il grande dibattito sulla sua figura, è ancora in larga parte da scoprire. Anche per quanto riguarda la questione più controversa: i cosiddetti silenzi sulla deportazione degli ebrei. Su cui ci sono diversi aspetti ignorati non solo dai suoi detrattori, ma anche nello stesso ambiente ecclesiale.

EBREI SALVATI DA PIO XII – Per lo story editor infatti «è assolutamente impossibile che quanto fatto in favore di ebrei e dissidenti antifascisti da parte di conventi e parrocchie romane fosse solo liniziativa di alcuni preti di sinistra. Pio XII e i suoi più stretti collaboratori erano perfettamente a conoscenza di quanto avveniva, e si batterono strenuamente per difendere lextraterritorialità delle istituzioni religiose di Roma, per impedire ai nazisti di varcarne la soglia. Non a caso – sempre secondo Capetta – nella zona di San Giovanni in Laterano si erano rifugiati tre quarti del Cln, mentre nella cittadella del Gianicolo, allora collegio di Propaganda Fide, si trovava una fattoria con mucche e altri animali, rifornita da camion provenienti da tutto il centro Italia, con lo scopo di accogliere e proteggere gli ebrei.

I MESSAGGI CIFRATI – «E gli input per queste operazioni provenivano direttamente da Pio XII e dai suoi stretti collaboratori – prosegue Capetta -, attraverso intermediari che portavano in gran segreto le direttive del Papa in parrocchie e conventi. Ma come sottolinea Arlanch, «Pio XII ricorse anche a dei veri e propri messaggi cifrati. I suoi editoriali sullOsservatore romano, lunico quotidiano che allepoca non era sottoposto a censura, presentavano due piani di lettura. In apparenza si limitavano a commentare il Vangelo del giorno, in realtà fornivano precise indicazioni operative ai sacerdoti della Capitale. Per esempio linvito a non chiudere la porta ai profughi di qualsiasi etnia era percepito subito come un invito a ospitare gli ebrei nelle chiese.

L’INCONTRO COL GENERALE STAHEL – Molti inoltre gli incontri del Papa, spesso segreti, durante i quali emerse tutta l’abilità diplomatica di Pio XII. «Una delle sue doti era una grande capacità di introspezione dell’interlocutore – sottolinea Capetta -. Quando parlava con le persone riusciva subito a entrare in sintonia con loro, imponendosi quindi con tutta la sua autorevolezza morale». Come durante l’incontro con il generale Stahel, capo della piazza militare di Roma. Facendo appello alla sua coscienza cristiana, il Papa trovò nel militare tedesco (che non era però iscritto al partito nazista) un insperato appoggio.

L’UMANITA’ DEL PAPA – «Nella sceneggiatura – rivela Arlanch – abbiamo immaginato che per rompere il ghiaccio Pio XII inizi a parlare del loro reciproco interesse, tutto maschile, per le auto Mercedes, prodotte appunto in Germania. Da qui, il Papa coglie la palla al balzo per fare leva sul patriottismo di Stahel, mettendolo in contrapposizione con il Nazismo. E così, quello che inizialmente era un confronto tra nemici, diventa un incontro sul piano umano». Come aggiunge lo sceneggiatore Bettelli, «Pio XII era una figura indubbiamente austera e ieratica. Ma nel nostro lavoro abbiamo cercato di restituire la sua umanità e disponibilità verso la città di Roma, con una grande empatia per la sofferenza dei suoi abitanti».

LE SCENE QUOTIDIANE – Da una parte quindi i momenti più drammatici del film, in cui «è riutilizzata la registrazione degli interventi più importanti e memorabili del Papa alla radio, dal tono molto solenne. Discorsi significativi, perché l’azione del Papa era affidata soprattutto alla sua parola, alle sue scelte, ai suoi incontri, prima ancora che a gesti eclatanti come quello di scendere in piazza subito dopo i bombardamenti di San Lorenzo». Dall’altra però ci sono anche delle scene quotidiane, affidate a tre personaggi d’invenzione, il partigiano Marco e i giovani ebrei Davide e Miriam. Figure che per Bettelli nascono «da una necessità fondante: raccontare Pio XII senza parlare degli ebrei di Roma sarebbe stata una sconfitta già in partenza. E quindi anche questa invenzione non è arbitraria, ma è stata originata da una necessità e da un’etica narrativa».

LA SCOMUNICA DEI COMUNISTI – E prosegue Capetta: «Proprio nella fusione tra i due piani, quello dei protagonisti storici e quello dei personaggi quotidiani, sta la cifra stilistica della fiction, che vuole parlare a tutti e, non dimentichiamolo, andrà in onda nella stessa fascia oraria del Grande fratello». Una sfida ambiziosa quindi, con l’obiettivo di «superare la coltre pregiudiziale molto forte sulla figura di Pio XII. All’origine della quale c’è il fatto di non avergli mai perdonato la scomunica degli aderenti al partito comunista, voluta da Pacelli nel 1949, che gli inimicò definitivamente gli intellettuali di sinistra».

(Pietro Vernizzi)





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