RIFORMA RAI/ E la Consob blocca l’Opa delle torri sgradita a Renzi

- Paolo Annoni

Nello stesso giorno Ei Towers formalizza il progetto Rai Way, la Consob sospende l'Opa e il governo annuncia l'ennesima riforma partitocratica della Rai. di PAOLO ANNONI

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Ei Towers (controllata da Mediaset) ha approvato ieri in assemblea il progetto di Opa su Rai Way: il 99.99% del capitale presente in assemblea (era presente il 79.94% del capitale) si è espresso a favore dell’acquisizione e del suo finanziamento. Proprio ieri la Consob – authority di Borsa formalmente indipendente dal governo – ha sospeso l’Opa sgradita al governo Renzi – azionista di maggioranza a monte di Rai Way – motivando la decisione con la richiesta di non meglio precisate “informazioni supplementari”. E sempre ieri il governo ha dato via libera alla riforma della “sua” Rai: un ritocco alla governance (che rende più stretto il legame fra viale Mazzini e l’esecutivo in carica attraverso la nomina dell’amministratore delegato) avvolto in un generico “documento programmatico di missione”, utile soprattutto ad accelerare il ricambio del vertice dell’azienda, che si annuncia invariabilmente partitocratico.

Dei tre eventi il più importante, ad avviso di chi scrive, resta il primo: a dispetto della conferenza stampa in diretta del premier sulla riforma Rai; e del silenzio, almeno nell’immediato, sull’intervento a gamba tesa della Consob su un’operazione di mercato che ieri ha ricevuto un accreditamento tutt’altro che scontato dalla sede massima e più trasparente della democrazia finanziaria.   

Fra chi ha detto sì all’Opa Rai Way, nell’assemblea di Ei Towers, infatti, non c’è stato solo l’azionista di maggioranza relativa della società, Mediaset con il 40%. Si è detta favorevole anche la platea degli investitori finanziari e degli azionisti privati. Il rappresentate del fondo Amber, socio con una partecipazione di poco superiore al 2%, si esprimeva ieri in questi termini: “Noi partecipiamo all’assemblea perché vogliamo dare il nostro appoggio all’operazione che ha molto senso da un punto di vista industriale ed economico oltre che da un punto di vista sociale con lo spegnimento delle torri che non sono necessarie”; questa dichiarazione può bastare per rendere l’idea dell’“umore” dei presenti e soprattutto del fatto che il giudizio sulle ragioni industriali della fusione non sia messo in discussione praticamente da nessuno. Sempre il rappresentante del fondo Amber, Albano, ha rilasciato un’altra dichiarazione interessante e cioè si è detto disponibile a una revisione dei termini dell’offerta e in particolare delle componenti “cash” e in azioni.

L’offerta che è stata approvata ieri in assemblea si concluderebbe con la creazione di una nuova società in cui Mediaset avrebbe il 30% e la Rai circa il 15% e che darebbe vita a una società infrastrutturale che avrebbe sostanzialmente le stesse caratteristiche di altri “monopoli” o quasi-monopoli come quelli relativi alle autostrade o alla rete telecom. Molti osservatori, finanziari e industriali, hanno sottolineato nelle ultime settimane come l’Italia sia un’anomalia evidente nel panorama europeo nell’avere due società concorrenti in questo settore. Ei Towers possiede torri da cui parte il segnale televisivo e Rai Way fa esattamente la stessa cosa: Mediaset e la Rai pagano un affitto. Il servizio è indifferenziato e indifferenziabile e si è in presenza di un caso praticamente di scuola di settore regolato e monopolio. Si potrebbe anche immaginare che una struttura di questo tipo possa essere sufficientemente forte per poter varcare i confini delle alpi e espandersi.

Torniamo però alle dichiarazioni sulla disponibilità di alcuni soci finanziari a valutare una modifica dell’offerta. I soci finanziari hanno colto tutte le ragioni industriali e finanziarie dell’operazione e non hanno particolare interesse per il “controllo”, cambiare i concambi e modificare la parte cash porterebbe a una differente compagine azionaria in cui la Rai potrebbe avere una quota azionaria più simile a quella di Mediaset. C’è spazio per immaginare conclusioni diverse e possibili in cui al posto di avere una Mediaset al 30% e una Rai al 15% si finisca con una soluzione molto più equilibrata (si potrebbe tendere a una situazione da 25% e 20%) e si potrebbe anche immaginare una governance che garantisca un controllo paritetico anche in presenza di quote azionarie diverse: gli esempi non mancano in questo senso.

Tutto ciò però è fantafinanza. Ancora ieri il ministro dello Sviluppo economico ha dichiarato che la posizione del governo sulla necessità che la Rai mantenga il controllo di almeno il 51% in Rai Way non è cambiata. Questo significa che la fusione è impossibile anche se si immaginasse un’operazione che portasse entrambi i soci, Rai e Mediaset, a una quota identica della nuova società. In pratica un’operazione con infinite ragioni industriali e finanziarie, voluta dal mercato e dagli azionisti, che potrebbe creare un vero “campione nazionale” salta perché il governo vuole mantenere statale una società quotata che non produce in nessun modo contenuti informativi.

La posizione del governo sembra surreale se paragonata alle decisioni che hanno portato a rendere contendibile Enel o le banche popolari. È impossibile dare una qualsiasi giustificazione a queste barricate innalzate per difendere una società che non solo potrebbe essere regolata benissimo semplicemente imponendo costi di affitto uguali a tutti gli operatori senza incidere sull’azionariato (come avviene per tutte le macchine che vanno in autostrada o per tutti gli aerei che atterrano o per tutti quelli che si connettono a internet), ma in cui la Rai potrebbe avere tranquillamente una quota che consenta un co-controllo di fatto. Tutto questo è surreale perché il dibattito non verte sulla questione pratica di quale sia la quota minima che garantisca il co-controllo della Rai, ma si ferma ben prima e al fatto che non sia neanche pensabile che scenda sotto al 51% che blinda il controllo dello Stato, oltretutto secondo le più vetuste prassi del mercato italiano.

L’unica conclusione che ci pare si possa trarre è che certe “enclave” statali siano immutabili e intoccabili anche dopo otto anni di recessione e anche con la disoccupazione sopra al 10%. Tutto si può sacrificare sull’altare dell’amministrazione pubblica che deve sopravvivere il più possibile immutata mentre tutto il resto si sfalda per mantenerla tale e quale al 2007; contro ogni logica industriale, economica e finanziaria. L’affare Rai Way/Ei towers per il momento dice di più di tutti i proclami e di tutte le dichiarazioni di quale siano la strategia economica e la politica industriale in atto in Italia oggi. 





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