ESAME DI MATURITA’ 2018/ Valutazione finale e Invalsi, il conto che non torna

- Cinzia Billa

Le modifiche della maturità che andranno in vigore dal 2018 sono interessanti. Aprono però una serie di problemi che urgono risposte. E riguardano l'Invalsi. CINZIA BILLA

scuola_studenti_esame1R439 LaPresse

Le modifiche dell’esame di stato che dovrebbero andare in onda con la maturità 2018 sono interessanti, poiché rivelano una giusta preoccupazione: risparmiare fondi e correlare l’esito ed il voto dell’esame finale alla carriera dell’ultimo triennio dello studente. In entrambe le direzioni andava già la proposta di modifica della commissione d’esame che anche il ministro Giannini auspicava interamente interna. Nella stessa prospettiva si può leggere l’aumento del punteggio per il credito scolastico relativo al percorso dell’ultimo triennio scolastico, che passa da 25 punti a 40, insieme alla riduzione a 20 punti del punteggio massimo della prova orale. Ancora nella stessa direzione va la considerazione del percorso di alternanza scuola-lavoro. Non sono ben chiare le ragioni dell’abolizione della terza prova.

Il principio assume una diversa concezione dell’esame: esso diventa una prova che ratifica un percorso lungo tre anni, più che esprimere il livello di “maturità” o personalità (insieme alla triade conoscenze, competenze, abilità) raggiunto durante questo percorso attraverso una performance da sottomettere anche al giudizio di docenti sconosciuti. Il che implicherebbe anche il rispetto della tanto agognata continuità didattica nel triennio di uscita.

Su questo si può essere d’accordo o meno, ma forse il valore di questo esame meritava un confronto più ampio, che avrebbe dovuto tenere conto della questione tanto dibattuta del valore del titolo di studio: cosa certifica l’esame per il mondo del lavoro e per i percorsi accademici?

La portata di alcune domande merita allora di andare al di là del problema del “buonismo”: la media del 6 quale principio afferma? Cosa certifica di quel percorso dell’ultimo anno? E perché tale criterio di ammissione dovrebbe valere solo per l’ultimo anno e non per il passaggio dal terzo al quarto e dal quarto al quinto? Che valore avrebbe il credito dell’ultimo anno basato su medie che possono esprimere e certificare livelli così diversi di conoscenze/competenze disciplinari? Come evitare un appiattimento?

L’unico cenno che spinge verso una validazione del titolo di studio è la prova Invalsi che va a pesare sul curriculum di ammissione all’esame. Ma siamo sicuri che ciò sia corretto? Cosa certifica la prova Invalsi (prova che meriterebbe di essere prima validata) e come si correla con la probabile nuova prova di lettere? Di sicuro non è immaginabile una prova analoga a quella delle classi inferiori, solo innalzata in senso scalare! Va sottolineato con forza che la prova Invalsi ha una natura diversa da quella della valutazione che sta in capo alla didattica. Essa è una prova standardizzata di rilevamento degli apprendimenti volta a misurarne i livelli al fine di un miglioramento del sistema. Non è una prova che scaturisce dal percorso didattico-educativo la cui singolarità l’esame parrebbe voler per altri versi valorizzare. 

Va dato atto che la polemica intorno alla prova nazionale Invalsi che fa ingiustamente media con le prove dell’esame di primo ciclo, ha forse scoraggiato la decisione di inserire la prova tra le prove di esame anche alle superiori. E certamente il coinvolgimento dell’Invalsi tenta di rispondere a tutta la polemica sul boom di 100 al Sud delle scorse sessioni di maturità. Ma abbiamo dei dati che smentiscono la bravura dei nostri ragazzi del Sud (anche nelle università del Nord)? Se poi si considera che le università, sulla base della propria autonomia, potranno d’ora in poi “tenere a riferimento per l’accesso ai percorsi accademici”, proprio i livelli di competenza conseguiti nelle discipline oggetto delle prove Invalsi, il rischio è che i nostri studenti al quinto anno si alleneranno a fare prove in aggiunta ai quiz per l’accesso alle università. L’esame potrà ancora essere espressione di una personalità matura e libera? 

Forse un argomento così delicato, proprio per il rispetto del valore degli studi superiori per i nostri giovani, merita maggiore argomentazione fondata sui dati per evitare il rischio di equilibrismi che paiono fondati su logiche più “estrinseche”.





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