SERIE A/ Solo la Juventus si salva dalla sagra dei passi falsi

- La Redazione

La Juventus si guarda intorno e si scopre già sola. La quarta giornata è una conferma per i bianconeri, un disastro (o quasi) per le aspiranti allo scudetto. Il punto di SANDRO BOCCHIO

carrera_sorriso Massimo Carrera (Infophoto)

La Juventus si guarda intorno e si scopre già sola. La quarta giornata è una conferma per i bianconeri, un disastro (o quasi) per le aspiranti allo scudetto, o presunte tali. La capolista non incontra particolari problemi nel far finalmente riposare Pirlo: la macchina è ormai talmente ben oliata che anche il Chievo, avversario storicamente ostile, non riesce a proporre la benché minima resistenza. Chiara e netta fino all’imbarazzo la supremazia bianconera, con la riscoperta in attacco di Quagliarella, decisivo in Europa e confermatosi in campionato. Turnover che non riesce invece alla Lazio, comunque punita oltre i propri demeriti dal Genoa (bella conferma, comunque, quella rossoblù) mentre il Napoli non riesce ad avere ragione del Catania, immediatamente in dieci per l’espulsione di Alvarez: una prova tale di sufficienza da far arrabbiare Mazzarri. Passi falsi interi o mezzi che comunque confermano come gli impegni settimanali influiranno sul cammino del torneo, con logica prevalenza per chi avrà saputo costruire al meglio le proprie squadre.
Juventus 12 punti, Milano 9. Basterebbe questo semplice dato per risaltare ancor più la rottura conclamata delle milanesi. Anche la passata stagione, di questi tempi, il bottino delle due squadre era identico, con la differenza nella protagonista della crisi: allora l’Inter, oggi il Milan. Il passo falso di Udine, terzo in quattro gare, non scalza Allegri dalla panchina, come recita un comunicato in cui la dirigenza tutta fa sapere di essere dalla parte dell’allenatore. E non potrebbe essere diversamente, sia per mancanza di alternative serie se non si cerca un semplice – e inutile – tampone, sia per l’autocoscienza di chi sa di aver messo in mano al tecnico una squadra che è dir poco definire inadatta per alti obiettivi. Una rivoluzione in nome del risparmio che unisce il Milan all’Inter, nascondendosi dietro al cosiddetto del progetto. Una parola nel cui nome sono stati commessi in passato svariati delitti e cui si è attaccato ieri Stramaccioni per giustificare la caduta interna contro il Siena: non si deve guardare al passo falso ma alla lunga prospettiva, la giustificazione. Ma la crisi nerazzurra può essere considerata più seria perché, pur avendo perso firme illustri, in casa sono rimasti comunque elementi di altissimo livello. Manca invece l’organizzazione di squadra e sentire parlare oggi di possibile difesa a tre fa sorridere chi, un anno fa, assisteva al martellamento nei confronti di Gasperini proprio per il suo tentativo di imporre questa chiave tattica.

Chiusura dedicata al Cagliari. Non si è giocata la partita contro la Roma per il colpo di testa del presidente Cellino, con la sua chiamata alle armi dei tifosi per assistere comunque alla gara, malgrado l’imposizione delle porte chiuse da parte della Commissione di vigilanza. Giusto evitare un appuntamento che avrebbe potuto causare guai seri, come logico appare ora attendere provvedimenti seri nei confronti di chi ha tentato di mettermi di traverso pur di fronte a ritardi evidenti nella costruzione del nuovo impianto (la stessa persona che oggi chiama a sostegno i tifosi e ieri non ha voluto rinnovare le tessere ai pochi abbonati che avevano intentato una class action per la trasferta obbligata a Trieste della passata stagione…). La storia di Cagliari non deve però soltanto interrogare il calcio sulla credibilità dei suoi dirigenti, a cominciare da chi gestisce una Lega finalmente svegliatasi. Dev’essere anche l’occasione per far luce sui ritardi storici e politici che hanno impedito al nostro Paese di progettare e di avere stadi degni all’altezza di quelli che si vedono ormai in tutta Europa.





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