IRAN/ L’Onda verde vuole una nuova rivoluzione ma fa il gioco del potere

- int. Luca La Bella

LUCA LA BELLA, responsabile del desk Asia del CeSI, commenta la situazione in Iran, dove 48 milioni di persone sono chiamate a votare per eleggere i 290 deputati del nuovo Parlamento

iran_elezioni_r400 Foto InfoPhoto

«Si tratta del primo appuntamento elettorale dopo i disordini successivi alle elezioni presidenziali del 2009, che hanno rappresentato la più seria destabilizzazione interna del regime della Repubblica islamica fin dai tempi della rivoluzione. Si tratta quindi di un momento topico della vita della Repubblica islamica, ma in questo caso tutti gli occhi saranno puntati non sul potenziale esito violento della fase elettorale, ma su quante persone si recheranno alle urne». Luca La Bella, responsabile del desk Asia del Ce SI, il Centro Studi Internazionali, comincia a commentare in questo modo la situazione in Iran, dove 48 milioni di persone sono chiamati a votare per eleggere i 290 deputati che siederanno nel nuovo Parlamento.

Che significato hanno queste elezioni?

Sono fondamentalmente una scommessa di legittimità che hanno fatto i leader delle proteste del 2009, Hussein Moussavi e Mehdi Karrubi, da un anno agli arresti domiciliari e tenuti in uno stato di semi- incomunicabilità con l’esterno. L’opposizione ha di fatto invitato a una sorta di boicottaggio di queste elezioni, e proprio in questo senso la forza dell’opposizione nel 2012 non si misurerà nella ampiezza dei disordini, ma in quanta gente deciderà di restare a casa e non andare a votare.

Ci parli nel dettaglio di questa tornata elettorale.

La contesa elettorale di domani verterà essenzialmente sulle due fazioni interne all’ala conservatrice del Parlamento. Due schieramenti, uno che fa capo al presidente Ahmadinejad, che per limiti costituzionali ha raggiunto il massimo di mandati e che quindi è di fatto un presidente uscente, e l’altro che fa capo alla Guida Suprema, Ali Khamenei.

In che rapporti sono?

I due sono stati protagonisti di una serie di lunghe diatribe, cominciate di fatto quando il presidente Ahmadinejad ha cercato di rimuovere il ministro dell’Intelligence iraniana, Heidar Moslehi, cosa che ha suscitato l’ira della Guida Suprema.

Cosa si aspetta da queste elezioni?

La Guida Suprema rappresenta il vertice assoluto delle istituzioni, e i suoi poteri sono certamente superiori e più radicati di quelli del presidente. Mi aspetto quindi una performance di deferenza degli ambienti parlamentari alla leadership della Guida Suprema e un ridimensionamento della libertà d’azione del presidente Ahmadinejad, che ha mancato di rispetto alla Guida Suprema in un momento in cui la Repubblica islamica sta vivendo un momento spartiacque della sua storia.

In molti ritengono che la popolazione non sia poi così interessata a queste elezioni perché preoccupata per la situazione economica del Paese, per l’innalzamento dei prezzi e per i costi dell’isolamento internazionale per le sanzioni sul nucleare. Cosa ne pensa?

Sono al corrente di queste opinioni, ma personalmente credo che non sia vero. Il Paese si trova a vivere sotto un regime di sanzioni che è stato appena incrementato, che ha un impatto sul caro vita e su tutta una serie di prodotti essenziali: proprio per questo credo che ci sarà certamente un’astensione da parte dei movimenti più vicini a quello dell’Onda Verde, movimento emerso nel 2009, ma il regime continua comunque a riscuotere significativa legittimità dalla popolazione. E sarà proprio questa popolazione ad andare a votare per dimostrare la sua fede nel regime, o semplicemente per poter avere voce in capitolo e per cercare di risollevare le sorti della nazione, almeno sotto il punto di vista economico.

La stessa Guida Suprema ha detto recentemente che una massiccia partecipazione al voto da parte degli iraniani rappresenterà uno “schiaffo per le potenze arroganti”.

Si è trattato proprio di un appello a questa ricerca di legittimità di cui parlavo. Gli ambienti delle forze armate, di governo e tutti coloro che lavorano in uffici statali avvertiranno maggiormente la sensazione che andare a votare sarebbe meglio per il loro futuro, e domani si recheranno senza dubbio alle urne. Dall’altro lato, coloro che sono stati più danneggiati dalle politiche del governo cercheranno di spostare il loro voto in modo di favorire gli oppositori di Ahmadinejad in Parlamento. Infine, chi si ritiene in totale opposizione all’unico sistema di democrazia islamico deciderà di non andare a votare.

Su che tipo di sostegno può ancora contare Ahmadinejad?

Su significativi strati della popolazione, in particolare quello meno abbiente, che ha potuto beneficiare per esempio dei programmi di compensazione per l’abolizione dei sussidi, con i quali ogni cittadino che rientra in una certa fascia riceve 37 dollari al mese, che in molte famiglie possono fare la differenza. Proprio per questo sono state sensibilizzate e fidelizzate al governo e alle sue politiche, e proprio per questo voteranno Ahmadinejad.

E la Guida Suprema?

La Guida Suprema gode di un vantaggio costituzionale nei confronti del presidente, e ha ormai 72 anni. Proprio per questo si tratta di un momento spartiacque, perché si tratta di un regime che si avvia verso una successione in un momento particolarmente traumatico della propria esistenza, sia a livello interno che a livello internazionale. In qualsiasi regime, in particolar modo in uno rivoluzionario, le successioni sono sempre un momento delicato, e la Guida Suprema vorrà stare molto attenta a coltivarsi quegli interessi che possono garantire una successione poco turbolenta, senza inimicarsi sezioni chiave dello scenario politico, clericale e militare. Tutto questo per consentire di passare lo scettro a una persona di sua fiducia, che potrebbe anche essere un membro della sua famiglia.

 

(Claudio Perlini)





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