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Home » Cronaca » TRENTON, IL BIMBO IN COMA “SENZA SPERANZA” TORNA A VIVERE/ Per i medici doveva morire dopo l’arresto cardiaco

  • Cronaca

TRENTON, IL BIMBO IN COMA “SENZA SPERANZA” TORNA A VIVERE/ Per i medici doveva morire dopo l’arresto cardiaco

Paolo Vites
Pubblicato 8 Maggio 2018
ospedale_civile_brescia_ambulanza_incidente_lapresse_2018

Spedali Civili di Brescia (Foto LaPresse)

Un bambino di 13 anni esce dal coma proprio quando i medici stavano per staccare i macchinari che lo tenevano in vita: è successo negli Usa, ecco di cosa si tratta

I medici avevano detto che dopo quel terribile incidente Trenton, un ragazzino tredicenne americano, non si sarebbe mai più ripreso. Ai medici che hanno avuto in cura il piccolo Alfie probabilmente staranno fischiando le orecchie. E’ vero sono casi completamente diversi, ma quante volte la medicina e la scienza si sono sbagliate, soprattutto non concedendo ai pazienti di restare in vita: casi di persone uscite dal coma anche dopo dieci, vent’anni sono numerosi e certificati. Trenton McKinley, originario dello stato dell’Alabama, era rimasto vittima di un incidente, caduto da un rimorchio trainato da un auto che si era ribaltato finendogli sopra e schiacciandogli la testa. Un trauma cranico gravissimo, sei fratture al cranio con quattro arresti cardiaci susseguenti. E ancora: craniotomia (intervento con apertura della scatola cranica), arresti cardiaci, insufficienza renale. Soprattutto un arresto cardiaco durato 15 minuti, equivalente alla morte. Ai genitori la diagnosi medica: praticamente impossibile che si riprenda, meglio staccarlo dai macchinari e permettere con la donazione dei suoi organi di salvare 5 bambini in attesa di trapianto. Insomma, usiamo le persone come pezzi di ricambio, senza nulla togliere alla sofferenza di chi attende una donazione. I genitori, sotto shock, accettano e firmano il documento per la donazione degli organi. Ma Trenton ha giocato un bello scherzo a tutti: si è risvegliato dal coma proprio mentre stavano per staccare i macchinari.


Roberto Palumbo, arrestato in flagranza primario del Sant'Eugenio di Roma/ "Tangente da un imprenditore"


L’ITALIA ALL’AVANGUARDIA PER I DIRITTI DEL MALATO

I suoi parametri vitali hanno ripreso forza e le macchine non sono più state staccate. Sono passati due mesi, il bambino è vivo e cosciente ma ovviamente è in fase di recupero. Dice che dopo la caduta non ricorda più nulla, a volte ha delle convulsioni e dovrà subire un nuovo intervento chirurgico per riattaccare le due parti del cranio. Ma cammina, legge, parla, fa i compiti. Un miracolo dice la madre e il figlio parla di essere stato in Paradiso: “Ero in un campo aperto, camminavo… Credo non ci siano altre spiegazioni se non l’opera di Dio”. Non è un miracolo per il direttore dell’Unità di anestesia e rianimazione pediatrica degli Spedali Civili di Brescia, Alberto Giannini, intervistato dal Corriere della Sera:  “Agli arresti cardiaci ripetuti si può sopravvivere, soprattutto se sono “testimoniati” (ovvero avvengono in presenza di altre persone) e ancor più se “ospedalieri”. In questo caso il ragazzino era ricoverato in terapia intensiva, quindi l’assistenza era al massimo livello”. Ma la morte cerebrale in cui era caduto come la si spiega? Nessuno è mai “resuscitato”. Giannini spiega che in Italia la legge sulla donazione degli organi richiede dei tempi più lunghi, maggiori controlli, una lunga serie di esami prima di accedere alla donazione degli organi: “In Italia una cosa del genere non potrebbe succedere: la donazione degli organi può essere firmata solo dopo 6 ore dall’inizio della morte cerebrale e una volta messe in atto tutte le cautele previste dalla legge”. Come nel caso di Alfie, Italia all’avanguardia nel rispetto dei diritti del malato.


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