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Home » Economia e Finanza » IL CASO/ Quel “ricatto” che ha portato Monti al governo

  • Economia e Finanza

IL CASO/ Quel “ricatto” che ha portato Monti al governo

Giovanni Passali
Pubblicato 3 Ottobre 2012
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Foto Infophoto

Un ulteriore tassello delle vicende che hanno portato al governo Monti circa undici mesi fa, commenta GIOVANNI PASSALI, è andato a posto. Vediamo di che si tratta

Un ulteriore tassello delle vicende che hanno portato al governo Monti circa undici mesi fa, è andato a posto. Oggi abbiamo la dichiarazione di prima mano di un testimone diretto di quegli avvenimenti. Si tratta del senatore della Lega Nord Massimo Garavaglia. Un video, disponibile su internet, e relativo a un suo intervento in un convegno il 21 settembre scorso, contiene dei passaggi molto interessanti. Ma cerchiamo di mettere le cose in ordine, ricapitolando gli avvenimenti.


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Un anno fa il governo Berlusconi era in fibrillazione. Si parlava di una lettera della Bce che in qualche modo “prescriveva” i contenuti della finanziaria, che era in fase di approvazione. Nonostante questo lo spread intorno ai primi di novembre era tornato altissimo. Berlusconi quindi decideva di fare un passo indietro e annunciava le proprie dimissioni non appena il parlamento avesse approvato la finanziaria.


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Le voci sulle dimissioni di Berlusconi e sul prossimo incarico a Mario Monti giravano da qualche tempo. E qualcuno ipotizzava un ricatto nei confronti delle istituzioni italiane. Sembrava la solita ipotesi complottista, non suffragata da elementi concreti. La testimonianza diretta di questo vero e proprio ricatto viene da una conferenza pubblica del senatore Massimo Garavaglia, uno dei componenti della Commissione Bilancio del Senato.

Questo il racconto del senatore: “Monti viene fatto senatore a vita il 9 novembre. Il 10 siamo in commissione Bilancio a chiudere la finanziaria (la manovra dopo l’approvazione della quale Berlusconi aveva già annunciato le sue dimissioni); in quello stesso giorno siamo interrogati dagli ispettori della Bce e di Bruxelles, perché eravamo sotto inchiesta. Ci fanno tutto un bel interrogatorio e alla fine l’ultima domanda è: ma voi sosterrete il governo Monti? Risposta: mah, vedremo, c’è un governo in carica, se cade, vedremo chi verrà nominato e decideremo. No, no, verrà fatto il governo Monti, voi lo sosterrete? Al che ti girano un po’ i santissimi, gli dico no, non funziona così, noi siamo stati eletti con una maggioranza, se la maggioranza non sta più in piedi, si va e si vota e il popolo decide chi governa. No, no, non ci siamo capiti. Se voi non sostenete il governo Monti, noi non compriamo i vostri titoli per due mesi e voi andate in fallimento. Questo è giovedì 10 novembre, noi venerdì chiudiamo la finanziaria al Senato, poi va alla Camera. Lunedì viene incaricato Monti, martedì è premier. Questo discorsetto è stato fatto a noi, ma evidentemente è stato fatto anche ai leader politici. Tant’è che all’inizio anche Di Pietro era di sostegno a Monti perché c’aveva creduto anche lui a questo ricatto dello spread”. Lo stesso senatore ricorda come in quei giorni nessuno comprava i titoli italiani e lo spread era alle stelle, poi nominato Monti ripresero gli acquisti e lo spread iniziò a scendere.


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Tanto per mettere a posto tutti i tasselli della questione, occorre ricordare che l’Italia partecipa al fondo salvastati denominato Mes, detto anche Esm (European stability mechanism), insieme al Fiscal compact, approvato dal Parlamento italiano il 19 luglio. Con tale approvazione ha dato forma giuridica alla sua adesione a quel meccanismo anti-spread fortemente voluto dal presidente del Consiglio Mario Monti.

Il fondo ovviamente si sostiene con i contributi degli stati. L’Italia ha contribuito subito con dieci miliardi (su una quota di quindici che dovrà versare) per lo stanziamento iniziale di ottanta miliardi. Il primo obiettivo dichiarato è il sostegno al governo spagnolo affinché abbia la possibilità di venire in soccorso alle banche spagnole. Ma in agosto la Germania e gli altri paesi del nord Europa si sono opposti all’utilizzo del fondo per soccorrere Madrid, perché in quel momento hanno giudicato la situazione in Spagna troppo complicata da un punto di vista sociale (a causa degli scioperi e degli scontri con le forze dell’ordine, come in Grecia peraltro). Nel frattempo si è deciso di impiegare questi soldi in strumenti finanziari sicuri, titoli di stato che godono ancora del rating di tripla A. E quali sono questi stati? Sono i titoli di stato tedeschi, finlandesi e olandesi. Così, con una perfetta eterogenesi dei fini, i soldi di paesi in difficoltà vengono utilizzati per finanziare paesi che non ne hanno bisogno.

Quanto emerso è un fatto gravissimo. E stupisce che la vicenda sia stata completamente ignorata dai media ufficiali, giornali e carta stampata. Questa è una di quelle occasioni in cui si comprende quanto sia preziosa l’informazione via internet. Inoltre, le istituzioni europee sembrano aver perso ogni ideale di solidarietà e di aiuto reciproco. In tali condizioni, a che pro stare in questa Europa? Non mi auguro di certo il dissolvimento delle istituzioni europee, ma certo occorre ripartire da presupposti completamente differenti, rimettendo al centro la solidarietà e la sussidiarietà. E occorre imporre questa svolta da un punto di forza, preparandosi e minacciando una rapida uscita da questa Europa. C’è un politico o un partito all’orizzonte capace di questa svolta?


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