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Home » Economia e Finanza » IL CASO/ 2. Il “postino” pentito che vale 76 milioni di euro

  • Economia e Finanza

IL CASO/ 2. Il “postino” pentito che vale 76 milioni di euro

Stefano Riela
Pubblicato 18 Giugno 2011
euro_R400

Immagine d'archivio

Diciannove imprese sono state sanzionate dall’autorità antitrust italiana per aver aumentato i prezzi ai clienti in maniera concordata. Ci spiega tutto STEFANO RIELA

Multe per 76 milioni di euro nel settore delle spedizioni internazionali. Diciannove imprese, tra cui alcune multinazionali, e un’associazione di categoria sono state sanzionate dall’autorità antitrust italiana per aver aumentato i prezzi ai clienti in maniera concordata. In un’economia di mercato, infatti, la libertà delle imprese termina dove i comportamenti volti a un lecito profitto danneggiano i consumatori.


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Comportamenti indipendenti, ma anche concertati. In particolare, le imprese possono siglare contratti verticali (per esempio, di distribuzione) e orizzontali (per esempio, partnership tra imprese dello stesso settore che uniscono le proprie risorse per nuove attività di ricerca e sviluppo oppure per aumentare l’efficienza produttiva). Altri accordi, invece, non generano alcuna efficienza, ma aumentano i profitti delle imprese coinvolte oltre un livello considerato legittimo.


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Nessun contratto siglato dalle 20 imprese operanti nello stesso settore. Ma oltre 5 anni di incontri, scambi di email e un’intensa comunicazione istituzionale da parte dell’associazione di categoria Fedespedi. Un cartello che ha fatto aumentare i prezzi di quasi il 50% dal marzo 2002 al dicembre 2006.

Un aumento di prezzo può insospettire un’autorità antitrust, ma non è sufficiente per sanzionare le imprese coinvolte. Dietro un aumento di prezzo che interessa tutto un settore non vi è necessariamente un cartello; potrebbe infatti trattarsi di un semplice aumento del costo delle materie prime o del lavoro. E se l’antitrust sanziona le imprese senza avere prove valide, in appello è scontata la cancellazione della sanzione da parte del Tar.


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Ma in aiuto dell’autorità antitrust vi è il cosiddetto “programma di clemenza”. Se l’impresa parte di un cartello ha paura di essere multata per la sanzione prevista dalla legge, allora può bussare alla porta dell’autorità e pentirsi. Questo pentimento potrà portare alla clemenza, ovvero a evitare la multa, soltanto se le informazioni sul cartello sono tali da diventare prove inoppugnabili (per esempio, copia delle email, registrazioni telefoniche, verbali delle riunioni, ecc.) per sanzionare le altre imprese coinvolte.

Se il rischio della multa non riesce a ridurre la probabilità di costituire un cartello (tanto i funzionari dell’autorità non ci scopriranno mai), la possibilità che un singolo partecipante al cartello ha di evitare una multa salata può essere un elemento fortemente destabilizzante (se ognuno ha l’incentivo a pentirsi per ottenere clemenza, probabilmente non ci conviene cominciare il cartello).

Questa lezione è stata sicuramente imparata dalle 19 imprese multate. Sì, tutte tranne una. La Schenker, controllata dalla tedesca Deutsche Bahn, si è pentita e ha fornito elementi utili sul modus operandi del cartello, permettendo inoltre di organizzare efficaci accertamenti ispettivi presso le altre imprese.


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