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Home » Economia e Finanza » RECESSIONE/ L’esperto: non guardiamo solo ai dati Istat. Ci sono imprese che…

  • Economia e Finanza

RECESSIONE/ L’esperto: non guardiamo solo ai dati Istat. Ci sono imprese che…

Int. Paolo Preti
Pubblicato 21 Dicembre 2011
IstatR400

Foto Imagoeconomica

L'Istat ha rilasciato i dati relativi al terzo trimestre del 2011, dati che rilevano un Pil in perdita. Scatta la temuta recessione. Per PAOLO PRETI ci sono però anche segnali positivi

Italia in recessione già nel 2011. È quanto emerge leggendo i dati Istat diffusi stamattina che indicano un Pil nel terzo trimestre dell’anno in perdita dello 0,2%, primo dato negativo dal 2009. E non è tutto, perché i dati Istat rivedono anche al ribasso le stime fatte per gli altri due trimestri, portando le stime del primo trimestre 2011 da +1% a +0,8% e quelle del secondo trimestre da + 0,8% a + 0,7%. Quello che però ovviamente impressiona è la stima negativa di questo ultimo trimestre. Un dato che fa scattare immediatamente la parola recessione. Come spiega il professor Paolo Preti, direttore del Master Piccole imprese della Sda Bocconi, contattato da IlSussidiario.net, «si ha una recessione tecnicamente quando per un intero trimestre non si cresce». Dunque nonostante si fosse detto che saremmo entrati in recessione solo nel 2012 come conseguenza della manovra finanziaria del governo Monti, di fatto ci siamo già dentro: «Si parlava di recessione come previsione nel prossimo anno, invece visti i dati forniti dall’Istat è già così, c’è poco da fare e ci sarebbe poco da commentare».


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Entrando nel dettaglio, Preti aggiunge: «Rilevo solo che fra il precedente governo e questo attuale non è cambiato molto come era anche logico aspettarsi». Chiediamo di approfondire questo passaggio: «Si era detto che senza un nuovo governo l’Italia rischiava di andare in default, ma invece è quello che si sta verificando». C’è però un aspetto che Preti ci tiene a sottolineare: «È importante segnalare che contemporaneamente ai dati negativi che ci vengono forniti, ci sono anche moltissime aziende che vanno bene e chiudono il 2011 con un dato positivo. Allora, in un contesto dove ci vengono segnalati dati negativi che parlano di recessione, ciò non deve evidentemente misconoscere la realtà di molte imprese che in un momento di questo tipo riescono a chiudere con un risultato economico positivo».


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Un presente comunque fatto di recessione a cui si aggiungeranno a partire dal gennaio 2012 i primi effetti della manovra Monti: recessione su recessione? Quale futuro? «Il futuro nasce dalla speranza che molte altre aziende seguano l’esempio di queste di cui ho parlato poc’anzi, che nonostante le difficoltà riescono a produrre risultati positivi. Altrimenti non c’è alternativa». Niente peggioramento allora della situazione economica? «No, perché una manovra di questo tipo se ha una conseguenza è quella di ridurre ulteriormente i consumi interni, e questo sicuramente non agevola il recupero. Sentivo peraltro proprio ieri Fabrizio Guelfa, del Servizio Studi e Ricerche di Banca Intesa, dire che le aziende italiane hanno chiuso il 2011 con una quota a doppia cifra di aumento dell’export nei confronti anche di Paesi importanti come Brasile, India e Russia».


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Dunque i segnali positivi ci sono, semplicemente non vengono sottolineati: «L’Italia è un Paese dinamico, si può dire che in questo momento il mercato interno fa più fatica però anche qui notiamo episodi interessanti. Lo scorso 10 dicembre c’erano qualcosa come duecento chilometri di coda da Vipiteno ad Asti di rientro dopo il primo ponte della stagione invernale per visitare i mercatini. Con quel che costa la benzina un fatto come questo lascia intendere che le famiglie italiane hanno voglia e possibilità di consumare». 

Conclude il professor Preti: «Non dobbiamo aspettarci nulla da questo episodio, però il panorama non è quello di una nazione in crisi. Bisogna tenere conto del dato generale e di quello statistico, e anche del vissuto quotidiano, cercare di mettere in luce entrambe le cose se no ci si ferma al freddo dato statistico e si rischia di dare un giudizio diverso del Paese da quello che è il dato reale».


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