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Home » Esteri » INDIA/ 103 donne sterilizzate come animali? L’unica risposta è l’amore di Madre Teresa

  • Esteri

INDIA/ 103 donne sterilizzate come animali? L’unica risposta è l’amore di Madre Teresa

Alberto Reggiori
Pubblicato 12 Febbraio 2013
donneindianeR439

Immagine di archivio

La denuncia è in un drammatico video pubblicato da Repubblica: decine e decine di donne sottoposte con la forza o per denaro, in India, a sterilizzazione. Il commento di ALBERTO REGGIORI

Su Repubblica, tra l’asta al ribasso della riduzione delle tasse dei candidati politici e la notizia della neve in arrivo, è stata riportata questa notizia: “Un ospedale statale della regione del Bengala Occidentale è sotto accusa per aver praticato una sterilizzazione di massa su 103 donne, lasciate ancora sedate e senza alcuna assistenza all’aperto, molte direttamente in terra, per mancanza di spazio. I due medici che hanno effettuato tutti gli interventi in sole 24 ore avrebbero anche operato molte pazienti all’esterno dell’ospedale e non in sala operatoria. Il governo indiano incoraggia le giovani donne a farsi legare le tube di Falloppio per prevenire le nascite. Sull’episodio stanno indagando i magistrati e le associazioni per la tutela dei diritti umani”. 


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La notizia è confermata da un video di tre minuti che mostra effettivamente il tipico ospedale asiatico, con decine di giovani donne scaricate da barelle-biciclette e deposte per terra, all’ aperto nel piazzale antistante l’ospedale, apparentemente prive di coscienza, ancora addormentate dall’ anestetico, mentre i parenti accovacciati al suolo si danno da fare per risvegliarle con massaggi o carezze. Il tutto in un ritmo da catena di montaggio, una dopo l’ altra. In effetti, se dobbiamo fidarci dei dettagli della notizia, 103 donne operate da due medici fanno un tempo medio di circa 5 donne all’ora per medico, cioè circa 10 minuti per ogni donna, anestesia, disinfezione e cambio di lettino inclusi.


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Mi rendo conto che sto ragionando come se si parlasse di viti o bulloni o di altri pezzi meccanici prodotti in catena di montaggio da una rumorosa fabbrica che non ferma mai la propria produzione. Indubbiamente, parlo da medico, i due ginecologi (spero che siano almeno tali) hanno una certa abilità, sicuramente una grande esperienza. Forse, date le condizioni del paese, si sono dedicati sempre ed esclusivamente a quella specifica attività di sterilizzazione delle donne mediante un piccolo taglio dell’addome (mini-laparotomia) e poi di legatura delle tube.

Certo in Africa ed in Asia il controllo demografico è una questione seria. La politica cinese del figlio unico è stata attuata con sistemi “sovietici”, ma anche le grandi organizzazioni internazionali, Unicef, Mary Stopes, Amref e giù giù sino alle piccole ong locali ed ai ministeri della Sanità di questi paesi controllano le nascite in tutti i modi, a volte forzando la volontà delle madri o potenziali tali.


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Fiumi di euro o di dollari vengono investiti in programmi di family planning, birth-control, salute materno-infantile o lotta all’Aids con il solo scopo di sterilizzare, evitare, prevenire, chiudere, tagliare, rimuovere, bloccare. Spesso si ricorre in prima battuta anche all’aborto.

Ridurre il numero, insomma. Proprio il contrario della situazione di calo demografico del nostro Occidente, dove il clima sociale di individualismo e di eliminazione delle responsabilità è il “grande preservativo”. Più efficace e scientifico di ogni altra forma di contraccezione. Il caso del Bengala Occidentale dimostra che la mentalità che organizza e manovra tutto questo è disumana, il metodo da catena di montaggio chiarisce la concezione della persona che là vige. La donna è ridotta a quelle due tube da legare, ed il consenso da lei ottenuto, se c’è stato, sarà a dir poco condizionato, magari da soldi o da pressione sociale. La sua dignità è così misconosciuta e calpestata che non merita nemmeno una stanzetta con una branda; per il suo risveglio va bene la terra del piazzale. Oltretutto il rischio di una complicanza fatale in questo momento è molto elevato. Alla faccia della privacy, del consenso informato, della diffusione dei dati personali sensibili di cui firmiamo decine di fogli quando siamo ricoverati qui in Italia. 

Quello che sta dietro a queste situazioni, sia in India che in Occidente scaturisce da un’ idea ridotta di persona, specialmente della donna e del bambino: un numero ed un dato da tenere sotto controllo e da pianificare secondo un criterio di utilità. Non conosco la ricetta magica di quel problema serio che è il controllo demografico, specie in queste aree ormai sovraffollate, ma sicuramente è necessario ripartire dalla coscienza della irripetibilità ed unicità della singola persona, in qualsivoglia situazione e condizione sia. Ripartire dal rispetto assoluto ed umile di quella grande ed intoccabile meraviglia e mistero che è la persona. Se lo diceva con la sua vita e le sue opere Madre Teresa di Calcutta che calpestava gli stessi piazzali e conosceva le stesse donne del Bengala Occidentale, vuole dire che non è utopia.


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