Nel momento più complicato del caso Diciotti, Salvini voleva far saltare il banco. Di Maio lo ha dissuaso, mandando all’aria i piani di qualcun altro. ANTONIO FANNA
Al principio fu “Iniziativa democratica”. La prima delle correnti Dc capitanata da Amintore Fanfani. La madre di tutte le correnti. Dopo pochi anni infatti, ritenendolo un dittatore, si staccarono i cosiddetti dorotei che contavano al debutto su personalità come quella di Aldo Moro che poi creò a sua volta una propria corrente. E i dorotei nati a sinistra e riformisti divennero la palude democristiana. La terra dei Gava e degli Scotti mentre nella sinistra Dc fioriva la leadership di De Mita. Vincenzo Scotti e Ciriaco de Mita, alla cui corrente si legò — dopo la morte di Moro — Sergio Mattarella, erano campani e cavalli di razza. Come Fico e Di Maio tra i 5 Stelle. Di Maio vive in simbiosi con l’ateneo LinkCampus University di Scotti dove ha pescato più di un ministro del suo governo. Fico è ogni giorno attaccato al telefono con il Quirinale di cui condivide preoccupazioni e strategie.
Guarda caso molto simili a quelle della vecchia sinistra Dc. Nessun dialogo a destra. Come Mattarella nei confronti di Berlusconi, così Fico osteggia la liaison con la Lega che ritiene lontana dalla sua visione anni luce e non gli dispiacerebbe assecondare le provocazioni del colle più alto, come nel caso dei migranti della Diciotti, per provocare un terremoto politico, far fuori Di Maio e governare col Pd.
Quando Salvini ha capito il gioco ha affrontato il presidente del Consiglio Conte a muso duro: “io mi dimetto, non mi fregate con questi giochetti da vecchi democristiani”. Errore caro Matteo. Di vecchi democristiani. È intervenuto infatti su Di Maio con saggezza dorotea Vincenzo Scotti: “Giggino, spiega a Salvini che l’obiettivo di Mattarella e Fico non è lui, ma sei tu e che se lui ti abbandona fa il gioco di quelli che non vi portano a votare ma al governo Fico-Zingaretti con la sponda interessata di Forza Italia che ha il terrore di nuove elezioni”.
Fico e Di Maio. Mattarella e Scotti. Antichi e nuovi odii democristiani. Ce n’è più che a sufficienza perché l’antico capo dei Comunisti padani, cioè Matteo Salvini, si preoccupi.
