Marco Pantani, interrogato il tassista che portò due escort: "Quando è morto non era solo", sostiene la famiglia. Le ultime notizie sulla terza inchiesta sulla morte del Pirata
L’autista che avrebbe accompagnato due escort nell’albergo di Marco Pantani il giorno in cui il Pirata morì è stato interrogato ieri dai carabinieri di Rimini. Lo si deve alla grande insistenza della mamma Tonina Belletti che il 3 febbraio scorso, risentita dai militari del nucleo investigativo di Rimini, ha chiesto che venisse sentito in quanto si tratta di un testimone chiave. L’uomo aveva già parlato alcuni mesi fa a Le Iene, rivelando di aver accompagnato all’hotel Le Rose il 14 febbraio 2004 due ragazze che facevano le ballerine e le escort in Riviera.
Per la famiglia di Marco Pantani ciò è la prova che il campione del ciclismo non era solo quando morì. Le due donne sarebbero salite nella stanza del Pirata e scese poco dopo con un maglione verde e un marsupio. L’autista, rimasto in silenzio per anni, dal 2017 ha cominciato ha parlare dell’episodio anche ad alcuni conoscenti della famiglia di Pantani. Poi appunto l’intervista a Le Iene di alcuni mesi fa dove ha fatto quelle rivelazioni sulle due escort.
LE INCHIESTE SULLA MORTE DI MARCO PANTANI
La versione è stata confermata dall’autista ieri ai carabinieri, che lo hanno interrogato per tre ore. Ma è comunque ancora tutta da verificare, anche perché non ha saputo dare riferimenti precisi agli inquirenti né i veri nomi delle due ragazze che avrebbero lasciato Rimini subito dopo la morte di Marco Pantani. Dunque, nei prossimi giorni si capirà se questa testimonianza è utile per ipotizzare nuovi reati, come omissione di soccorso a carico di persone da identificare.
Di certo c’è che i carabinieri hanno dato credito alle indicazioni della mamma del Pirata e dell’avvocato Fiorenzo Alessi, i quali avevano insistito sulla necessità di ascoltare il tassista, fornendo dettagli utili per rintracciarlo. Questa è la terza inchiesta sulla morte di Pantani. Al termine della prima indagine, per il reato di morte come conseguenza ad altro reato (spaccio di droga), Fabio Miradossa e Ciro Veneruso patteggiarono condanne rispettivamente a 4 anni e dieci mesi e 3 anni e dieci mesi. Invece la seconda indagine si chiuse nel 2016 confermando sostanzialmente le risultanze della prima.
