Lionello Manfredonia parla della sua vita privata, della squalifica per calcioscommesse e poi ancora dell'arresto cardiaco subito in campo
Lionello Manfredonia: “Durante la squalifica mi laureai in giurisprudenza”
La carriera di Lionello Manfredonia non fu sempre semplice: su di lui, infatti, cadde l’ombra del calcioscommesse nel 1980, insieme e Giordano, Wilson e Cacciatori, suoi compagni nella Lazio. Al Corriere della Sera, l’ex giocatore racconta: “A Roma non è semplice prendere le distanze da certe situazioni ombrose. Commisi l’errore di frequentare un ristorante in cui si scommetteva”. Così, dopo una giocata andata male, i gestori denunciarono tutti, compresi loro, che avevano scommesso sulla vittoria della squadra biancoceleste, per la quale giocavano.
“Per noi si trattava di una sorta di premio partita, non c’era il divieto di oggi. Potevamo essere accusati di omessa denuncia, ma alla fine la giustizia sportiva ci squalificò per due anni e mezzo” racconta Manfredonia. Un duro colpo seguito dall’arresto e dalla reclusione a Regina Coeli, durata dodici giorni. Nel lungo periodo della squalifica, Lionello riprese in mano i libri e si laureò in giurisprudenza: un “dovere” verso la sua, una famiglia borghese.
Lionello Manfredonia: “L’infarto in campo, in coma per tre giorni”
Nel 1989, Lionello Manfredonia subì un arresto cardiaco in campo: veniva da un momento molto stressante, in seguito all’addio alla Juventus e alla morte della mamma. “Dopo qualche minuto ebbi un arresto cardiaco. Per fortuna a bordocampo c’era un’ambulanza con il defibrillatore, una rarità a quei tempi, altrimenti oggi non sarei qui. Restai in coma per tre giorni. Era il compleanno di mia moglie, un segno del destino” spiega al Corriere.
