USA e Ucraina si sono incontrati in Arabia Saudita: Kiev accetta la proposta di un cessate il fuoco. Ora si attende la risposta di Mosca
La proposta di una tregua di 30 giorni (avanzata dagli americani e accettata dagli ucraini) e l’assicurazione che l’intelligence USA tornerà a collaborare con Kiev e che non si interromperà il sostegno militare. L’incontro a Jeddah tra la delegazione USA, guidata dal segretario di Stato Marco Rubio, e quella ucraina, capitanata da Andrij Jermak, capo dell’ufficio di Zelensky, porta ad una possibile distensione nei rapporti fra i due Paesi.
Ma per chiudere la guerra in Ucraina, spiega Maurizio Boni, generale di Corpo d’Armata e opinionista di Analisi Difesa, ci sono ancora molti aspetti da chiarire: le concessioni che le parti sono disposte a fare, il ruolo di Zelensky e anche quello degli inglesi, che hanno concluso accordi vantaggiosi con il governo di Kiev per il controllo di alcune risorse strategiche nel dopoguerra.
Resta poi da vedere se i russi accetteranno la tregua: hanno sempre ribadito di non volere soluzioni interlocutorie, ma un chiarimento sulla nuova architettura di sicurezza che garantisca gli interessi di Mosca.
L’Ucraina accetta la proposta di una tregua di 30 giorni degli americani e incassa la ritrovata collaborazione dell’intelligence USA, che Trump aveva interrotto. Sembra un passo avanti nelle trattative. I russi accetteranno il cessate il fuoco?
Credo che i russi non accetteranno la tregua: dopo 30 giorni il cessate il fuoco immediato e provvisorio potrà essere esteso di comune accordo. Questo è il cavallo di Troia che Mosca non accetterà: significherebbe congelare il conflitto, scatterebbe la trappola dell’invio di truppe occidentali in Ucraina su richiesta del governo di Kiev. A quel punto tutto sarebbe pronto per l’escalation. Esattamente lo scenario che i russi vogliono evitare a tutti i costi.
Perché gli americani non possono spuntarla su questo tema?
Non credo abbiano capito quanto i russi tengano a questo aspetto. Putin, Lavrov e Peskov hanno ribadito in continuazione che un cessate il fuoco non ha per loro nessun significato, perché mirano a discutere le cause profonde della guerra, i motivi che l’hanno scatenata, e vogliono un’architettura di sicurezza che garantisca prima di tutto gli interessi della Russia. E poi, perché i russi dovrebbero accettare in questo momento? Stanno riprendendosi il Kursk, metro dopo metro.
USA e Ucraina dicono che i colloqui di Jeddah sono andati bene. Qual è il tema vero sul tavolo, la priorità?
Credo che siano le concessioni che vengono chieste a entrambe le parti. Il team di Trump ha sempre dichiarato che, per un piano di pace, bisogna che entrambe le parti rinuncino a qualcosa. Questa è un po’ la linea che ha tenuto anche Trump ultimamente. Proprio alla vigilia dei colloqui si è lasciato andare a dichiarazioni piuttosto controverse, nelle quali da un lato era conciliante, mentre dall’altro minacciava sanzioni alla Russia fino a quando non verrà raggiunto l’accordo di pace.
Anche Rubio e l’inviato speciale di Trump per Ucraina e Russia, Keith Kellogg, hanno ribadito a più riprese che vanno messe sul tavolo le concessioni che le parti sono disposte a riconoscere. Si tratta di concessioni territoriali?
A Jeddah il tema erano le concessioni da parte dell’Ucraina, che gli americani si aspettavano per confrontarle con quelle russe. Possono anche non riguardare unicamente aspetti territoriali. Da questo punto di vista, infatti, non sarebbero concessioni, perché i russi, quello che hanno conquistato militarmente, se lo terranno. Tra l’altro in territori che sono ampiamente di lingua e cultura russa. Credo che, comunque, ben poco sia successo ancora di sostanziale. Sia gli americani che i russi stanno prendendo le misure e stanno soprattutto cercando di capire che ruolo deve avere Zelensky.
Dalle concessioni che farà dipenderà anche il suo futuro?
Per il Regno Unito il dopo Zelensky si chiama Zaluzhny, ex capo dell’esercito e ora ambasciatore a Londra. Gli inglesi giocano un ruolo molto importante in questo contesto, non necessariamente a favore del piano di Trump. Gli USA, invece, puntano molto su Poroshenko e su Yulia Timoshenko. Gli americani stanno prendendo anche le misure per capire se Zelensky debba rimanere politicamente in vita o non sia il caso di costringerlo a indire elezioni il più presto possibile. Secondo alcune indiscrezioni, ci sono grosse pressioni perché ceda il passo per fare in modo che i negoziati li proseguano altri attori.
L’attacco degli ucraini su Mosca con i droni serviva a convincere i russi della necessità di una tregua aerea, come proposto da Kiev?
La maggior parte degli attacchi è stata intercettata. In questa fase non hanno alcun senso, perché irritano il Cremlino. I droni, comunque, sono le uniche armi che hanno adesso gli ucraini per colpire il territorio russo. Sono attacchi dimostrativi, fatti, guarda caso, proprio il giorno in cui Jermak, capo della delegazione ucraina, incontra Rubio a Jeddah.
Se i colloqui sono proseguiti tutto il giorno, è un fatto che, come riferisce il comunicato ufficiale dell’incontro, non si sono sbattuti la porta in faccia. I progressi di cui si parla potrebbero esserci stati veramente?
Dipende tutto da quali sono le concessioni fatte e da cosa ci si aspetta in cambio. Se l’incontro è andato per le lunghe significa che, dopo tutto, Rubio non ha liquidato Zelensky in due minuti e che gli argomenti da discutere erano più di uno. Però dobbiamo capire con precisione i retroscena. Entrambe le parti dicono che sono stati fatti dei progressi. Per gli ucraini, parlare di progressi significa che gli Stati Uniti continuano a supportarli, anche se bisogna vedere a quali condizioni.
Al di là del clamore per l’incontro, siamo già nel vivo delle trattative?
Siamo all’inizio. Zelensky sta pregando gli Stati Uniti di non abbandonarlo e sta puntando molto sull’Europa, che ha dimostrato sostegno incondizionato all’Ucraina, costi quel che costi. Il punto è cosa Zelensky ha promesso a Trump per garantirsi la sua sopravvivenza politica e, soprattutto, quali sono le aspettative statunitensi.
L’Europa è fuori da tutto questo. Il presidente ucraino appare più conciliante nei confronti dell’amministrazione degli Stati Uniti, perché ha capito che altrimenti la sua uscita di scena sarebbe questione di giorni. Il New York Post, il 22 febbraio, scriveva che, secondo fonti vicine a Trump, è stato consigliato a Zelensky di fuggire in Francia. Secondo una nota di Politico, gli USA stavano trattando con l’opposizione ucraina un piano per allontanare Zelensky.
Il portavoce del Cremlino, Peskov, ha detto che in realtà questi non sono ancora colloqui di pace. Siamo solo ai preliminari?
Certamente sì, da qui a discutere come sarà il dopoguerra ce ne passa. I veri temi in questo momento sono le concessioni, il ruolo di Zelensky e anche le risorse minerarie, ma bisogna tenere conto anche del ruolo degli inglesi.
Cosa c’entrano gli inglesi in tutto questo? Hanno voce in capitolo?
Gli inglesi si sono accaparrati la gestione delle risorse chiave del Paese, con un accordo che riguarda i proventi dei porti, delle infrastrutture energetiche e delle centrali nucleari.
Potrebbe esserci un conflitto di interessi fra USA e Regno Unito?
Sì, la parte del leone nel dopoguerra la faranno le grandi società legate agli americani e agli inglesi. Poi ci sono Francia e Germania, che erano già presenti prima del conflitto.
(Paolo Rossetti)
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