Femminicidio Giulia Cecchettin, il papà Gino Cecchettin parla dopo le motivazioni della sentenza di condanna per Filippo Turetta
GINO CECCHETTIN SULLE POLEMICHE PER LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA TURETTA
Le motivazioni della sentenza di condanna di primo grado per Filippo Turetta per il femminicidio di Giulia Cecchettin hanno indignato il papà della vittima, Gino Cecchettin, che interverrà a Zona Bianca per commentare le ragioni che hanno spinto i giudici a non riconoscere l’aggravante della crudeltà. Ha già affrontato la questione nelle ultime ore, ad esempio a margine di una cerimonia per un premio di laurea in memoria della vittima del femminicidio, Giulia Cecchettin.
Infatti, ha spiegato che quelle motivazioni “hanno aggiunto dolore su dolore“, in quanto non se le aspettavano. Se il papà di Giulia è più diplomatico nella sua presa di posizione, polemico è invece lo zio, Andrea Camerotto che, pur riconoscendo di non avere le competenze per giudicare le motivazioni della sentenza, ha spiegato che comunque “fanno veramente male“, arrivando a parlare di 76esima coltellata per la nipote Giulia Cecchettin.
Secondo lo zio della vittima, non c’è dubbio riguardo la crudeltà del femminicidio, ma il suo timore va oltre le motivazioni e arriva all’ipotesi che tra diversi anni Filippo Turetta possa ottenere permessi futuri per buona condotta.
LE ANTICIPAZIONI DI ZONA BIANCA
Il suo punto di vista è evidentemente diverso, essendo il padre della vittima, quindi certe parole lo hanno ferito. “Forse si poteva dire la stessa cosa con altre parole, forse è mancata un po’ di sensibilità“, ha dichiarato ai microfoni del programma di Rete 4, come anticipato da quest’ultimo. Il padre di Giulia fa presente di non essere esperto di giurisprudenza, quindi il suo non è un commento legale, ma appunto da padre della vittima.
Dunque, ha ribadito il rispetto nei confronti della sentenza, ma le motivazioni lo hanno fatto soffrire e non lo nasconde. Il motivo è legato al momento che gli fa più male e che non riesce ancora ad affrontare, quei 20 minuti in cui la figlia è stata aggredita. “Io non ho ancora fatto i conti appieno, ogni volta che provo a pensarci da genitore sto malissimo“. Per quanto riguarda un eventuale intervento dei legali, Gino Cecchettin non si è sbilanciato: “Penso che sia lecito chiedere la crudeltà e lo stalking. Ci penseranno gli avvocati“.
LA SPIEGAZIONE GIURIDICA
Sulle motivazioni della sentenza di condanna di Filippo Turetta si sono confrontati anche addetti ai lavori ed esperti per spiegare che l’aggravante della crudeltà nel diritto penale ha un’accezione diversa, tecnica. Ad esempio, il professor Luciano Sesta, che insegna filosofia morale all’Università di Palermo, ha chiarito la questione sulle colonne del Fatto Quotidiano. Se per l’opinione pubblica la crudeltà è intesa come cattiveria morale da parte di chi applica violenza nei confronti di una vittima, in ambito giuridico il discorso cambia, perché penalmente c’è quando si può dimostrare la sadica volontà di indurre sofferenze aggiuntive rispetto a quelle per causare il decesso della vittima.
Ad esempio, la crudeltà si configura quando si fa soffrire deliberatamente la vittima con azioni diverse da quelle per ucciderla, ad esempio con torture e sevizie, per poi compiere il proposito criminale. Per i giudici che hanno condannato all’ergastolo Filippo Turetta non si è configurata tale aggravante, perché le 75 coltellate sono state inferte in maniera caotica e inesperta, nel senso che non sono stati colpiti punti per seviziare la vittima, ma sono stati colpi ripetuti perché falliti nel loro piano letale. Una distinzione fondamentale per evitare di alimentare polemiche inutili e dannose.
