Caso Stefano Cucchi, procura di Roma chiede condanne per 3 carabinieri accusati di falso e depistaggio: "Attività ossessiva", dichiara pm nella requisitoria
Nuovi sviluppi nel caso di Stefano Cucchi, il giovane romano morto nel 2009, una settimana dopo essere stato arrestato. È in corso un processo che riguarda tre carabinieri accusati non del pestaggio in caserma, ma di aver mentito e depistato le indagini, anche falsificando documenti pubblici, al fine di nascondere la verità su quanto accaduto appunto a Stefano Cucchi.
Gli imputati sono Maurizio Bertolino, all’epoca maresciallo della stazione di Tor Sapienza; il maresciallo Giuseppe Perri; e il capitano Prospero Fortunato, che guidava la sezione infortunistica e polizia giudiziaria del nucleo Radiomobile della capitale.
Nella giornata di venerdì sono state formulate le richieste di condanna da parte della procura di Roma: per Bertolino, 4 anni e 2 mesi di carcere; per Perri, 3 anni e 6 mesi; e per Fortunato, 4 anni (avendo optato per il rito abbreviato). I tre imputati sono accusati, a vario titolo, di depistaggio e falsità ideologica in atti pubblici, cioè di aver riportato il falso in documenti ufficiali.
BUGIE E DEPISTAGGI SUL CASO STEFANO CUCCHI
Il PM Giovanni Musarò, nella sua requisitoria, ha definito “ossessiva” l’attività di depistaggio degli imputati, protrattasi per nove anni, dal 2009 al 2018. Tuttavia, i comportamenti illeciti sarebbero proseguiti fino al 2021. La tesi dell’accusa è che i tre carabinieri abbiano ostacolato le indagini e mentito durante il processo, nel tentativo di proteggere altri militari dell’Arma coinvolti nel caso, in particolare per evitare che il comandante del gruppo finisse sotto accusa.
I tentativi di insabbiare la verità, però, sono stati scoperti e, ora, secondo la procura, gli imputati devono risponderne. L’auspicio del PM è che questo procedimento metta la parola “fine” a una vicenda che si protrae da quindici anni.
