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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » DAZI USA SULL’ACCIAIO/ Se anche la Germania vuol seguire la strategia di Trump

  • Economia Internazionale
  • Economia e Finanza

DAZI USA SULL’ACCIAIO/ Se anche la Germania vuol seguire la strategia di Trump

Paolo Annoni
Pubblicato 4 Giugno 2025
(Ansa)

(Ansa)

Oggi scattano i dazi Usa all'importazione di alluminio e acciaio al 50%. Trump insegue una strategia che anche la Germania vorrebbe applicare

Da oggi i dazi all’importazione di alluminio e acciaio negli Stati Uniti saliranno dal 25% al 50%. L’ordine esecutivo è stato firmato ieri sera ma il rialzo è stato annunciato da Trump venerdì in Pennsylvania di fronte a una platea di operai delle acciaierie. La decisione è complementare alla scelta di affidare a Nippon Steel il rilancio di Us Steel, il secondo maggiore produttore di acciaio americano.


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Il piano di rilancio di Us Steel prevede investimenti per oltre 10 miliardi di dollari e diventa molto meno complicato se il settore dell’acciaio americano è protetto da dazi al 50%; in questo modo, infatti, il ritorno sull’investimento è meno incerto.

L’approccio di Trump sul settore dell’acciaio ha almeno un parallelo in Europa. Il nuovo ministro dell’Economia tedesco, Katherina Reiche, il giorno prima dell’annuncio dei dazi dichiarava al Financial Times che la sopravvivenza dell’industria pesante è vitale per la sovranità europea. Il ministro si appellava all’Unione europea perché approvasse un piano di sussidi del Governo tedesco per alcuni settori energivori e ne citava due in particolare: il settore dell’acciaio e quello della chimica senza cui “si entrerebbe in una nuova dipendenza”. La nuova dipendenza sarebbe un’evoluzione di quella vecchia che invece passava dalle importazioni di gas russo.


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Per evitare fraintendimenti Katherina Reiche aggiungeva che “per mantenere le industrie energivore, e non solo quelle, in Germania occorre l’approvazione di aiuti di stato”.

I dazi di Trump non hanno ancora una forma definita; la politica commerciale segue un copione di annunci e smentite, accelerazioni e rallentamenti che da un lato dà modo ai settori di adattarsi e dall’altro evita impatti troppo violenti. Anche gli ultimi dazi hanno un contraltare dentro l’America perché chi compra acciaio, l’industria automotive su tutte, dovrà fare fronte a incrementi dei costi che alla fine si tradurranno in prezzi più alti per il consumatore.


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L’ottica, però, è quella descritta al ministro Reiche in cui gli interessi strategici vengono prima di tutti gli altri. Vengono prima di quelli dei consumatori e in Europa anche prima di quelli della spesa sociale e del mercato unico europeo; è chiaro a tutti che del mercato unico dell’Unione rimane ben poco se a un Paese come la Germania vengono concessi aiuti di stato massicci, tanto più su settori industriali di peso, che altri non si possono permettere. La questione viene prima di qualsiasi considerazione sulla virtuosità o meno delle finanze di questo o quel Paese membro perché a queste condizioni del “progetto europeo”, così come viene narrato, rimane ben poco.

Il settore della difesa è energivoro, consuma chimica e consuma acciaio e anche questa è una cornice in cui inquadrare il problema. Anche in questo caso le considerazioni sono molto simili su entrambe le sponde dell’Atlantico. Qualche giorno fa l’ad di Jp Morgan Dimon avvisava che bisognerebbe fare scorte di carri armati, droni, aerei e terre rare piuttosto che di Bitcoin e che si dovrebbe lavorare per presidiare i settori strategici dai medicinali all’energia.

Intanto i dazi di Trump trovano un riflesso speculare anche in Europa e sono frutto di considerazioni, esplicite o meno, del tutto simili; il nuovo paradigma coinvolge sia l’Amministrazione americana che quella europea e si manifesta su più livelli nell’industria e nella finanza.

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Tags: Donald TrumpEconomia USAEconomia Germania

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