Le novità sull'indagine sulla morte di Manuela Murgia: se c'è del DNA sui vestiti, il consulente della famiglia è certo di riuscire a trovarlo
Proseguono le nuove indagini per capire cosa sia successo veramente a Manuela Murgia, la 16enne che venne trovata morta in un canyon alle porte di Cagliari ormai poco più di 30 anni fa e che più volte è stata ritenuta suicida dalla procura che archiviò tutti i vari fascicoli battuti negli anni: una tesi, quella del suicidio, alla quale non hanno mai creduto i familiari della giovane vittima, riuscendo solamente quest’anno a far riaprire il fascicolo, tanto che ci sarebbe già anche un indagato.
Ricordando brevemente cos’è successo alla 16enne, è bene tornare indietro fino al febbraio del 1995, quando Manuela Murgia uscì di casa senza lasciar detto a nessuno cosa avrebbe fatto o con chi sarebbe stata: venne vista salire su un’auto azzurra e poi, un paio di giorni dopo, una telefonata anonima alle autorità avvisò che un corpo senza vita giaceva sul fondo del canyon di Tuvixeddu, poi identificato nella persona di Manuela Murgia.
Da sempre, sulla morte di Manuela Murgia si parla di suicidio, ma le troppe incongruenze hanno sempre portato la famiglia a chiedere ulteriori e più approfondite indagini: la svolta sarebbe arrivata solamente a gennaio di quest’anno, accogliendo la richiesta della famiglia e disponendo nuove analisi sui reperti ancora conservati appartenenti alla 16enne; mentre per ora sembra che tutto si stia concentrando sulla figura dell’ex fidanzatino della vittima, Enrico Astero.

Il dottor Giardina: “Su Manuela Murgia non vogliamo tralasciare nessuna possibile pista”.
Per parlare di tutte le novità sul caso Manuela Murgia e sullo scopo delle attuali indagini, FanPage ha intervistato il genetista, e consulente della famiglia della 16enne, Emiliano Giardina, che ha ricordato fin da subito che “il DNA è una molecola stabile” in grado di conservarsi per decenni, dicendosi pronto a supportare “i periti che verranno nominati dal tribunale”, impiegando le migliori tecnologie moderne che all’epoca dei fatti erano del tutto impensabili.
L’obiettivo, spiega Giardina, è quello di cercare qualsiasi traccia che possa dare risposte “compatibili con quella ipotizzata o no”, senza tralasciare nulla: “Dobbiamo lavorare sui reperti alla ricerca di DNA estranei” e in tal senso è una fortuna che i reperti sono stati “conservati in modo corretto”, perché “se c’è qualcosa, lo troveremo”; mentre sull’ipotesi del dottor Demontis che Manuela Murgia sia stata violentata, investita da un’auto e gettata nel canyon, Giardina si limita a sottolineare che si tratta di una tesi “sicuramente determinante” per la riapertura del fascicolo, ma che ora va “supportata scientificamente”.
