La disastrosa situazione di Gaza induce Qatar e Trump a spingere per una tregua. C’è un piano: oltre all’IDF anche soldati egiziani e degli Emirati
La gestione degli aiuti umanitari da parte della pseudofondazione GHF (Gaza Humanitarian Foundation) si accompagna ogni giorno alla tragedia di decine di palestinesi uccisi mentre cercano di ottenere viveri per sé e per la propria famiglia. Una vicenda che non allontana dagli israeliani il pericolo di un’accusa di genocidio e che, anche per questo, deve essere risolta subito attraverso un accordo per una tregua a Gaza. Un’intesa per la quale Qatar e USA stanno spingendo in queste ore.
L’intenzione di Trump e degli israeliani, spiega Filippo Landi, già corrispondente da Gerusalemme della RAI e inviato del TG1 Esteri, sarebbe quella di lasciare il controllo militare di Gaza a Egitto ed Emirati Arabi Uniti (senza che i soldati dell’IDF se ne vadano), lasciando inoltre a Israele il controllo di diritto di quella parte di Cisgiordania già occupata dai coloni.
Trovare un’intesa, insomma, non sarà per niente facile, così come tutta la situazione in Medio Oriente. Non per niente Israele ha ricominciato ad attaccare nel sud del Libano.
Il Qatar chiede a Israele e Hamas di sfruttare la finestra creatasi dopo la guerra in Iran per accordarsi su una tregua a Gaza. Trump sostiene che potrebbe esserci un accordo entro una settimana. C’è una nuova speranza per il cessate il fuoco?
Il tema di Gaza nel suo complesso è di nuovo sul tavolo, ma per ora non c’è nessuna data per la ripresa dei negoziati, solo annunci da parte di Trump e del Qatar, ma non di Israele e Hamas. C’è comunque l’opportunità di definire una griglia di proposte da mettere sul tavolo delle trattative per un eventuale cessate il fuoco a Gaza. Questo alla luce di quanto sta accadendo nella Striscia e che è proseguito anche durante il conflitto diretto tra Israele e Iran, fino al tracollo della vicenda degli aiuti umanitari gestiti direttamente da Israele e dagli Stati Uniti.
La necessità di una tregua nasce dalla constatazione di quello che sta succedendo a Gaza, con la morte di centinaia di persone uccise mentre cercavano di avere in consegna cibo?
Le testimonianze dei militari, tutte virgolettate, raccolte da Haaretz, ci hanno detto che i soldati avevano l’ordine di mantenere il controllo delle aree in cui venivano distribuiti gli aiuti anche sparando a distanza ravvicinata sui civili.
Su quali basi può nascere l’accordo per Gaza?
Un appunto di fonte americana spiega i piani di Trump e di alcune componenti del governo israeliano. Si parla di tregua e ripresa degli aiuti internazionali dentro Gaza, ma anche di avvio della liberazione degli ultimi ostaggi, probabilmente in cambio della scarcerazione di alcune decine di detenuti palestinesi rinchiusi nelle prigioni israeliane. A questi si aggiungono tre punti fondamentali, a partire dall’assunzione del controllo dell’area da parte delle forze armate di alcuni Stati arabi, Egitto ed Emirati: un aspetto importante, perché significa che in ogni caso il controllo non sarà affidato alle forze di polizia dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Quali sono gli altri punti del piano?
Uno riguarda l’offerta ai leader e ai combattenti di Hamas di lasciare Gaza e andare in esilio. L’altro ripropone come emigrazione volontaria l’uscita del maggior numero possibile di palestinesi dalla Striscia verso Paesi non definiti. Un punto spinoso, delicato, che rischia di coinvolgere politicamente gli Stati arabi che dovessero assumere il controllo del territorio con i loro militari.
Gli israeliani che ruolo avranno?
Nonostante la presenza delle forze armate di Stati arabi, è prevista la permanenza delle forze israeliane, che quindi non si dovranno ritirare. Tutto questo mentre, nelle ultime ore, nelle zone totalmente controllate dagli israeliani, cominciano a operare strutture armate palestinesi, composte in realtà da mercenari al soldo degli israeliani stessi. Non c’è nulla, però, che prefiguri un accordo sul futuro complessivo dei territori palestinesi occupati: Gaza, Gerusalemme Est e Cisgiordania. Non solo, in questi appunti trova posto un’altra ipotesi: gli israeliani potranno, in questa fase, annettersi di diritto, e non solo di fatto, le zone che già controllano nella Cisgiordania. Un elemento che, invece di facilitare la soluzione del problema, conduce allo spezzettamento ulteriore dei territori. Si tratta dei territori a ridosso di Gerusalemme, di quelli vicini a Betlemme e della parte centrale, prospicienti il confine con Israele.
Conclusa la guerra con l’Iran, Israele ha ricominciato a bombardare il sud del Libano. Anche i fronti che si considerano chiusi possono riaprirsi?
La decisione iraniana di attaccare la più grande base aerea americana all’interno di uno Stato arabo, in Qatar, ha creato allarme in tutto il mondo arabo, che ha fatto pressione sugli Stati Uniti per evitare una situazione che poteva comportare il coinvolgimento diretto degli americani. Questo ha portato Trump a imporre il cessate il fuoco. Gli attacchi nel Libano del Sud contro gli Hezbollah sono un segnale che non tutto è definito anche riguardo ai rapporti tra Iran, Israele e Stati Uniti.
(Paolo Rossetti)
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