I genitori di Chiara Poggi hanno rilasciato una intervista ai microfoni de Il Fatto Quotidiano, ecco le loro parole ai microfoni di Selvaggia Lucarelli
La famiglia di Chiara Poggi, giovane assassinata a Garlasco, torna allo scoperto e lo fa oggi parlando con i microfoni de Il Fatto Quotidiano. Selvaggia Lucarelli ha intervistato mamma Rita e papà Giuseppe, due persone che ormai conosciamo, purtroppo per una triste occasione, da 18 anni, e che non possono che non entrare nel nostro cuore. Mai una polemica, mai una parola fuori posto, solo tanta compostezza che però oggi è messa a dura prova a causa di un’attenzione mediatica esagerata nei confronti del caso di Garlasco.
La vita di Chiara Poggi e di tutte le persone che ruotano attorno al giallo del pavese, è stata vivisezionata, e la famiglia della 26enne uccisa brutalmente il 13 agosto 2007 è rimasta indignata per la storia del “piccione”, gli “intrallazzi” con un presunto amante, ma anche il doppio cellulare di Chiara e per ultimo, il fatto che Marco Poggi non fosse in Trentino Alto Adige il giorno dell’assassino.
Una serie di accuse infamanti che stanno mettendo a dura prova il carattere di mamma e papà di Chiara Poggi che non dimentichiamo, in tutto questo hanno perso una figlia. “Sono arrivati ad accusa nostro figlio di aver ucciso Chiara”, raccontano oggi a Il Fatto Quotidiano, aggiungendo che “Alberto Stasi non ci ha mai detto di non aver ammazzato nostra figlia”.
DELITTO DI GARLASCO, GENITORI DI CHIARA POGGI E LA LETTERA DELL’ALBERGATORE
I Poggi hanno consegnato a Selvaggia Lucarelli una lettera datata 31 agosto 2007, quindi 18 giorni l’omicidio, a firma Arthur Mutschlechner. Chi è costui? E’ l’albergatore che pochi giorni fa a Giallo ha raccontato di non aver visto Marco Poggi in montagna il 13 agosto, ma che 18 anni fa scriveva: “Ricordo gli occhi di un marito e di un figlio in pena”. I Poggi, nonostante non debbano dimostrare niente a nessuno, ci tengono invece a mostrare le prove che quel giorno fossero veramente in montagna, come se siano loro sotto processo o sotto indagine: “Dimostra che io e Marco eravamo assieme quel giorno”, aggiunge proprio Giuseppe Poggi.
Mentre loro erano fuori a camminare, Rita aveva già ricevuto la chiamata che l’avvisava della morte della figlia, ma non riusciva a mettersi in contatto con il marito “perchè il cellulare non prendeva”. Inizialmente i carabinieri avevano parlato di un incidente domestico, come del resto si pensava nelle prime ore dopo il ritrovamento del cadavere “Ci dissero che era caduta dalle scale”, ricorda papà Giuseppe. Il padre della vittima ammette di essere d’accordo con gli innocentisti, “ma c’è modo e modo per sostenere l’innocenza di Stasi”, soprattutto se sbatti in prima pagina Marco Poggi: “e gli rovini la vita… cosa stai facendo?”.

DELITTO DI GARLASCO, GENITORI DI CHIARA POGGI CONTRO BOCELLARI E DE RENSIS
Oggi gli avvocati di Stasi non menzionano mai Chiara Poggi e la sua famiglia per rispetto, ma nel corso del processo la situazione era ben diversa: “Giada Bocellari parlò con una cattiveria di Chiara che perfino il giudice la richiamò”, ricorda ancora Giuseppe. Il padre parla anche di Alberto, ricordando che i due andavano insieme a trovare Chiara “Ma non mi ha mai detto che lo stavano indagando, e nemmeno che aveva ucciso Chiara”.
Giuseppe ricorda poi il fatto che Stasi o abbia chiamato per ore quella mattina Chiara, senza andare a vedere cosa fosse successo, ma anche della bicicletta nera: “Ma di queste cose De Rensis – legale di Alberto – non vuole parlarne in tv”. Giuseppe Poggi ne ha anche per Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio, secondo cui ad uccidere Chiara sia stato un sicario.
“Non vorrei che dica così di modo da poter lasciare in pace anche il suo assistito”, spiegando poi che “La verità è quella stabilita dalla legge”, ovvero, che Alberto Stasi è l’unico assassino della loro figlia. I Poggi raccontano che l’ex maresciallo Marchetto deve loro ancora dei soldi, mentre in merito al risarcimento di Stasi “Non l’abbiamo chiesto tutto e lo completerà solo quando moriremo”, ma alla fine “Siamo pronti a restituire tutto se necessario”. Chiosa con un appello ai giornalisti: “Vorremmo un po’ più di silenzio”.
