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Home » Economia e Finanza » COME CAMBIANO I CONSUMI DEGLI ITALIANI/ “Troppi costi fissi, i risparmi si fanno sul cibo”

  • Economia e Finanza

COME CAMBIANO I CONSUMI DEGLI ITALIANI/ “Troppi costi fissi, i risparmi si fanno sul cibo”

Int. Giorgio Santambrogio
Pubblicato 11 Luglio 2025
Ansa

Ansa

Spesa polarizzata tra chi ha disponibilità e chi ricorre alle promozioni. Bisogna aumentare i redditi e tenere sotto controllo luce, gas e assicurazioni

La platea dei consumatori si sta sempre più polarizzando: chi ha le disponibilità incrementa gli acquisti premium, gli altri sfruttano il più possibile ogni opportunità di risparmio, sostanzialmente nelle promozioni. Per questo, spiega Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé, bisogna cercare di invertire una tendenza che potrebbe far crescere il numero di famiglie in difficoltà nell’affrontare la terza o quarta settimana.


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Per sostenere questa fascia della popolazione occorre aumentare i redditi, ma anche prestare più attenzione agli incrementi (non sempre giustificati) relativi a servizi obbligatori come gas, elettricità, assicurazioni.

Nonostante questo, una ricerca di Confcommercio rivela che le intenzioni di spesa degli italiani sarebbero in aumento, soprattutto per quanto riguarda gli elettrodomestici (più 10,9%), i prodotti tecnologici (più 9,1%), le vacanze, anche se questi dati fanno il paio con una diminuzione del clima di fiducia. Il saldo tra ottimisti e pessimisti rispetto al 2024 si è ridotto dal 27,2 al 10,8.


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Le intenzioni di spesa sono in crescita, ma la fiducia dei consumatori è in calo. Come si spiega questa apparente contraddizione? Qual è la tendenza reale dei consumi in Italia?

La mia sensazione è che le famiglie italiane si trovino di fronte ad aumenti, spesso non trasparenti, relativi a servizi “obbligatori” come le assicurazioni o i pedaggi delle autostrade, tali per cui sono diventate molto più accorte nell’acquisto, tra gli altri, di prodotti food. Succede così che chi non ha difficoltà economiche stia ricominciando a comprare i prodotti, ad esempio, nell’area del bio, dell’health, del free from, del rich-in, mentre le classi meno abbienti, sempre di più, ricorrono ai prodotti in promozione e a quelli con la marca del distributore, che hanno la medesima qualità della marca ma un prezzo decisamente più basso.


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Qual è il ragionamento che guida questo comportamento?

Considerato il reddito disponibile, le persone hanno aspettative decisamente negative per quanto riguarda le spese per i servizi e allora, più preoccupate di prima, cercano sempre di più di risparmiare sul resto dei prodotti. Noi constatiamo che, appena aumentiamo di qualche punto lo sconto medio, c’è subito un’elasticità della risposta incredibile: se lo sconto cresce del 5%, la domanda aumenta molto di più. Secondo me, anche dal punto di vista mediatico, si mette meno enfasi sugli aumenti di certi servizi e molta di più su quelli di prodotti come il caffè, i grassi vegetali, il latte, il burro, cresciuti per colpa di materie prime più care. Si parla di aumento del carrello della spesa alimentare quando in realtà non è così: c’è sempre più concorrenza tra di noi, soprattutto con i discount, che ci obbliga ad avere prezzi sempre più bassi.

La ricerca di Confcommercio dice che, nelle intenzioni di spesa degli italiani, sono in aumento gli acquisti di elettrodomestici e prodotti tecnologici. La grande distribuzione constata una maggiore richiesta in questo senso?

Ho qualche dubbio da questo punto di vista: vedo sempre più gente che procrastina questi acquisti. Se la gente fa attenzione ai 10 centesimi sulla pasta, non penso che abbia maggiore propensione a cambiare gli elettrodomestici. Per la telefonia il discorso è diverso, ha anche un ruolo di status.

Il criterio primario di scelta dei prodotti rimane, comunque, quello del prezzo? O subentrano altri fattori che fanno riferimento anche alla qualità?

Notiamo una polarizzazione tra chi certe cose se le può permettere e altri per i quali alcuni prodotti rimangono tabù, a meno che non siano in promozione. E qui sta anche a noi mettere in vendita prodotti con la marca del distributore anche in certe tipologie, per permettere l’acquisto a chi altrimenti non lo prenderebbe in considerazione.

Su quali prodotti si vede di più la polarizzazione tra i consumatori?

Sulla gastronomia, sul fresco, sul freschissimo. Là dove c’è un differenziale di prezzo notevole tra tipologie di pesci, di carni o di altro. È soprattutto in questo campo che si vede chi ha reale disponibilità economica e chi meno.

Questo spinge la grande distribuzione a cambiare anche il tipo di merce offerto?

Spinge a essere molto più bravi nel comunicare la diversità di prodotti in assortimento o a dare un maggior posizionamento al punto vendita. Per contrastare i discount, mantenendo il prodotto di marca, si stanno realizzando sempre più punti vendita maggiormente everyday low price per tipologia di target e, per contro, punti vendita più gourmet per la fascia alta polarizzata. La polarizzazione della domanda deve aiutare a proporre la polarizzazione dell’offerta, senza creare isole delle povertà all’interno del punto di vendita, perché questo non funziona mai.

Come si può uscire da questa situazione? La priorità è aumentare i redditi?

Il governo dovrebbe garantire una vera riliberalizzazione dei servizi, perché in realtà non è ancora stata fatta completamente. Parlo di telefonia, elettricità, gas, assicurazioni. L’obiettivo è arrivare a ridurre i costi fissi. Ma occorre anche un aumento dei redditi, perché altrimenti, tra un po’, si arriva al famoso dilemma della terza e quarta settimana, dove il cliente ha difficoltà ad affrontare le spese. Mi resta solo un dubbio.

Quale?

Oggi come oggi, in qualsiasi posto si cerchi di prenotare per le vacanze, è tutto pieno. Berlusconi, di fronte a chi parlava di crisi, diceva che in realtà i ristoranti erano pieni. Adesso non è più così, anche perché hanno aumentato troppo i prezzi. Ma se, malgrado tutti gli aumenti relativi agli spostamenti e agli alberghi, le località turistiche sono piene, mi resta qualche perplessità.

(Paolo Rossetti)

 

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