Il successo di Zohran Mamdani alle primarie dem per il sindaco di New York dovrebbe insegnare molto al Pd. Ma Schlein non impara
Ci vuole poco a unire due puntini: la stra-vittoria di Zohran Mamdani alle primarie dem per il sindaco di New York e il ballon d’essai di Elly Schlein in Italia sul bonus di 300 euro per i giovani sui trasporti pubblici. Metrò e bus gratis per tutti – assieme a fitti bloccati e spacci alimentari comunali – sono stati la punta di lancia di un programma che ha lanciato Mamdani verso una probabile vittoria elettorale a novembre e la guida della più popolosa metropoli Usa.
Ma già da ora il 33enne oscuro deputato dello Stato – che ha passaporto degli Stati Uniti pur non essendovi nato, come l’italo-svizzera Schlein – ha messo a segno un colpo politico pieno: ha eliminato dalla scena una “vacca sacra” dem come l’ex governatore Andrew Cuomo, che aveva ricevuto l’endorsement dell’ex presidente Bill Clinton e della moglie Hillary, ex senatore di New York ed ex segretario di Stato di Barack Obama e Joe Biden.
Schlein – vincitrice meno netta delle primarie del Pd tre anni fa – lotta per gli stessi obiettivi centrati da Mamdani: affermare (definitivamente) la sua leadership nel partito, emarginandone le vecchie classi dirigenti, e gettare le basi competitive di un battaglia elettorale contro la premier Giorgia Meloni nel 2027.
È ovvio che la segretaria dem abbia subito guardato alla “cassetta di attrezzi” che ha consentito a Mamdani di costruire una vittoria elettorale del tutto inattesa, nelle dimensioni e anche negli impatti nazionali, in un’America spazzata dal trumpismo.
Quello che appare meno scontato e risulta preoccupante è l’uso improvvisato che Schlein h fatto dell’effetto-Mamdani: lo spreco sostanziale (nei titoli minori e distratti di una giornata estiva in Italia) di un modello le cui proposte politiche sono state invece il risultato di scelte strategiche tanto ambiziose quanto coraggiose.
Mamdani non ha buttato lì in una nota-stampa le sue ipotesi di lavoro “radical-socialiste”. Ne ha fatto per mesi il cuore di una campagna mirata, attentamente studiata sui social (anche con l’aiuto della madre indiana, cineasta nominata per l’Oscar) e con la mobilitazione di migliaia di volontari.
Per mesi Mamdani, privo di qualsiasi visibilità nazionale, ha battuto palmo a palmo il suo campo di battaglia elettorale: territoriale e digitale. Ha ascoltato prima di rispondere; e quando ha cominciato a farlo ha detto cose che l’establishment dem continua a ignorare, anche dopo una seconda disfatta contro Trump.
Ha detto che la vita nella più grande e iconica metropoli Usa non è più “affordable”, non è più alla portata dei suoi cittadini “non ricchi”. Non importa se bianchi o neri, LGBTQ oppure no eccetera. Su questo e solo su questo ha stracciato Cuomo e gli altri candidati dem e i polls ora gli assegnano la vittoria anche contro il sindaco uscente, il “vecchio” dem Eric Adams, ex poliziotto afro accusato ora anche di collusioni con Trump.
Schlein sta preparando ora le elezioni amministrative in sei regioni. I trasporti pubblici erano – forse sono ancora – un terreno delicato per una (vera) campagna elettorale “di sinistra” in senso millennial e non più boomer.
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