Borsellino e la strage di via D'Amelio: recentemente sono emersi dubbi su possibili intrecci con la massoneria ed è stato sentito Di Bernardo ma...
BORSELLINO, FARO ANCORA ACCESO SULLA STRAGE DI VIA D’AMELIO
Per mantenere viva la memoria di Falcone e Borsellino e della loro battaglia contro la mafia, va in onda su Tv2000 il docufilm Il fuoco della memoria. Ma le stragi in cui sono morti non sono casi chiusi; anzi, la ricerca della verità è ancora incompleta e, dopo trentatré anni, continuano a circolare anche vecchie piste su massoneria, mafia e alcuni apparati statali.
Recentemente, ad esempio, sono emerse novità in merito alle indagini sulla strage di via D’Amelio, in cui furono uccisi Paolo Borsellino e la sua scorta. È stato sentito, per esempio, Giuliano Di Bernardo, che fu Gran Maestro della più importante obbedienza massonica italiana fino al ’93, il Grande Oriente d’Italia (GOI).

Un paio di mesi fa i magistrati di Caltanissetta lo hanno ascoltato per chiarire presunti legami tra la massoneria e personaggi coinvolti nelle indagini sulla strage, in particolare sul procuratore capo di Caltanissetta dell’epoca, Giovanni Tinebra, sospettato di essere un massone.
LE DOMANDE PER IL GRAN MAESTRO DI BERNARDO
I magistrati stanno cercando di capire se esistessero reti massoniche segrete in grado di condizionare le indagini e proteggere certi personaggi. Ma in realtà il mistero centrale resta la sparizione dell’Agenda rossa, anche perché quelle che vengono spacciate come “nuove rivelazioni” sono, in realtà, informazioni già note, ma riproposte come se fossero novità.
Lo evidenzia Domani, approfondendo la questione Di Bernardo, il quale ai magistrati siciliani avrebbe ricordato di aver avuto contatti telefonici con Salvatore Spinello, massone legato a logge molto riservate, che avrebbe provato a coinvolgerlo in una superloggia segreta, la quale avrebbe riunito politici di rilievo, imprenditori ed esponenti della criminalità organizzata, con l’obiettivo di creare rapporti di mutuo vantaggio e influenzare gli apparati pubblici.
I magistrati speravano che da quelle telefonate emergessero legami tra questa loggia segreta e la procura di Caltanissetta, ma Di Bernardo non avrebbe mai fatto il nome di Tinebra. «No, assolutamente. Io sono in grado di ricostruire le situazioni, ma non chi era dentro. Io posso fornire chiarificazioni sul contesto», ha dichiarato al giornale.
LE DICHIARAZIONI DI CANALE
Nel frattempo, è tornato a parlare un collaboratore di Borsellino, Carmelo Canale, il quale ha ricordato che il magistrato riferì di essere vicino all’arresto di Pietro Giammanco, che all’epoca era procuratore di Palermo. In realtà, come evidenziato da Nello Trocchia sulle colonne di Domani, non si tratta di una novità, perché lo aveva già detto nel 2011 durante il processo a Mario Mori, poi assolto.
Il problema è che Borsellino non avrebbe potuto arrestare Giammanco, in quanto le indagini sui magistrati palermitani spettavano alla procura di Caltanissetta, che era guidata da Tinebra.
