In una Francia in grave crisi, con alle porte una legge di bilancio lacrime e sangue e Bayrou quasi spacciato, Macron continua i suoi giochi di potere
Quando domenica sera il presidente Emmanuel Macron ha annunciato che il budget militare francese raddoppierà nei prossimi due anni rispetto al 2017 – quindi nell’arco del suo doppio mandato all’Eliseo – aveva al fianco il premier François Bayrou. Il quale, alla vigilia della festa nazionale, non ha detto nulla: la difesa – nella Francia semipresidenziale – non rientra fra le sue competenze.
È invece fra i compiti di Matignon controllare le finanze pubbliche, anche se è sempre il presidente che poi rappresenta Parigi in sede Ue. E giusto ieri – quarantott’ore dopo che Macron ha aggiunto 6 miliardi di spese straordinarie biennali – Bayrou ha presentato le grandi linee della manovra 2026.
Le attese prevedevano tagli per 40 miliardi: Bayrou ne ha annunciati 43,8, includendo – con una pignoleria aritmetica alla fine cinica – l’ultima scommessa del presidente riarmista “volenteroso” sul versante geopolitico.
Ma è cambiato poco nella sostanza di un progetto di bilancio lacrime e sangue – un “anno bianco”, l’ha battezzato il premier –, a cui i francesi sarebbero chiamati a contribuire in tutti i modi: dalla rinuncia a due giorni di ferie al congelamento di tutti i possibili aumenti delle spese previdenziali e di welfare.
Tutto questo, in ogni caso, raggiungerebbe appena i due terzi dell’impatto pensato già per il 2025 da Michel Barnier, l’ex commissario Ue che accettò di guidare il governo francese dopo il caos creato un anno fa dallo stesso Macron con le elezioni anticipate, chiamate in via totalmente autonoma e discrezionale.
Il gollista Barnier formò il suo governo dopo tre mesi in cui, di fatto, Macron aveva retto la Francia come un monarca. Incassando prima una durissima sconfitta all’euro-voto e sciogliendo in una notte l’Assemblea nazionale ai limiti della legalità costituzionale, sostanzialmente al solo fine di restare al potere.
Il parlamento rieletto è risultato però “impiccato”, diviso e senza maggioranza praticabile. Barnier (inizialmente sostenuto dalla “non sfiducia” di Marine Le Pen) non è durato più di cento giorni: voleva tagliare in via effettiva il deficit – oltre quota 6% sul Pil – per riavvicinare il parametro Ue del 3% (che l’Italia, con altri, sta invece rispettando). Parigi ha invece scansato l’ostacolo, gestendo il proprio bilancio di fatto in via provvisoria: ma Bruxelles non ha avuto nulla da dire o quasi.
Barnier ha gettato la spugna a Capodanno senza che Macron naturalmente facesse una piega, limitandosi a rimpiazzarlo con un altro premier debole in partenza, proveniente dal centro cattolico. Il presidente si è intanto rintanato nei suoi poteri “semipresidenziali”, alla fine parecchio scenografici. Ha giocato di sponda con Londra Brexiter sulla crisi ucraina, sempre contro la Ue a guida von der Leyen; sempre contro una “pontiera” con gli Usa di Trump come la premier italiana Giorgia Meloni; sempre contro ogni reale sforzo Ue di ricostruire una politica finanziaria, industriale ed energetica coerente con il cambio della guardia a Berlino a favore di Friedrich Merz.
Dopo un anno di caos paralizzante – che ha fatto precipitare ai minimi la popolarità mai altissima di Macron – sembra però Bayrou il nuovo cadavere politico predestinato a transitare sulla Senna, davanti all’Eliseo.
L’orologio di Macron resta puntato sulle presidenziali della primavera 2027, alle quali il presidente non potrà essere rieletto, ma che cercherà in tutti i modi di condizionare (anche perché – dicono – vorrebbe ripresentarsi nel 2032, costituzione permettendo).
Nel frattempo, dopo la controversa sentenza che al momento impedisce a Le Pen di candidarsi per l’Eliseo, la polizia francese ha compiuto nei giorni scorsi nuovi raid nella sede di Rassemblement National, in una Parigi che ormai somiglia molto somiglia ad Ankara o a Gerusalemme.
Soprattutto, in questi giorni Macron ha riacquistato dopo dodici mesi il potere di sciogliere il parlamento. Se Bayrou lascerà (i pronostici sono vicini al 100% dopo le prime reazioni di destra e sinistra allo schema di bilancio) sono in molti a scommettere che Macron rigiocherà la carta del voto anticipato. Lo farà sulla pelle dei francesi, alla fine implicitamente accusati dallo stesso Macron – in vesti sempre più trumpiane – di non riuscire a a gestire la loro democrazia.
P.S. È a questo presidente di questa Francia che il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha inviato gli auguri per i 236 anni dalla presa della Bastiglia, richiamando platealmente il Trattato del Quirinale siglato nell’autunno del 2021. Fra un presidente francese poi politicamente screditato nel suo semipresidenzialismo costituzionale e un presidente italiano che, giunto all’undicesimo anno di mandato (costituzionalmente impossibile in Francia e più ancora negli Stati Uniti) si atteggia non di rado a leader di una Repubblica presidenziale e non parlamentare com’è invece l’Italia da 77 anni.
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