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Home » Esteri » FRANCIA/ “È prigioniera del debito e rischia l’intervento del Fmi, quasi pronta la sfiducia a Bayrou”

  • Esteri

FRANCIA/ “È prigioniera del debito e rischia l’intervento del Fmi, quasi pronta la sfiducia a Bayrou”

Int. Francesco De Remigis
Pubblicato 17 Luglio 2025 - Aggiornato alle ore 06:22
Emmanuel Macron (Foto: ANSA)

Emmanuel Macron (ANSA)

Francia, debito a 3.305 mld (113% Pil): Bayrou lancia tagli record. Rischio crisi sociale e perdita sovranità. Le proteste sono all'orizzonte.

“Il debito francese è ormai un Himalaya”: così Francesco De Remigis, giornalista già corrispondente da Parigi, racconta la sfida senza precedenti che la Francia di Macron e Bayrou si trova ad affrontare. Tra tagli record, proteste in vista e una manovra che scontenta tutti, la crisi finanziaria d’Oltralpe rischia di trasformarsi in una vera emergenza sociale. “O la Francia cambia rotta, o rischia la supervisione del FMI”, spiega De Remigis al Sussidiario. Intanto si fanno le prove di “grande coalizione”: quella che in autunno potrebbe facilmente sfiduciare Bayrou, portando il Paese al voto.


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Il premier francese Bayrou ha annunciato una manovra con oltre 40 miliardi di tagli: che cosa ha portato la Francia a un debito pubblico così alto?

La spesa pubblica è aumentata molto più delle tasse, per farla semplice. Una macchina statale cresciuta a dismisura già da prima che Macron venisse eletto la prima volta, e che lui ha alimentato ulteriormente con consulenze moltiplicatesi quasi ogni anno, ministeri riorganizzati nei cambi di governo, di volta in volta con diciture dei dicasteri nuove o rinnovate, uffici paralleli.


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Ma la colpa non sarà solo di Macron.

Il governo, inteso come “macchina”, è responsabile della stragrande maggioranza del debito pubblico, con i governi, intesi come parentesi politiche, che hanno sostanzialmente aggravato il deficit di bilancio di anno in anno. Ma la crescita del debito è stata costante negli ultimi 25 anni, in larga parte come risultato di questo aumento della spesa pubblica non finanziata, per così dire, e del conseguente accumulo di deficit. Per questo lo sforzo chiesto è di 43,8 miliardi.

Nessuno ha messo mano al debito in questi anni?

Ci hanno solo leggermente provato. Ma l’obiettivo, a conti fatti, degli ultimi governi francesi, fino a Bayrou, o meglio fino al predecessore durato solo tre mesi, che infatti accusava i macroniani e l’ex premier Attal di aver lasciato la Francia in queste condizioni, preannunciando i primi tagli già a dicembre scorso, non è stato tanto limitarne l’espansione quanto garantirne la sostenibilità.


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Ci spieghi meglio: chi ha speso di più e perché?

A spendere sempre di più sono state le pubbliche amministrazioni, in particolare il governo centrale, ma anche gli enti previdenziali, gli enti locali. La prospettiva di Macron era di spendere, ma tornando al tempo stesso a crescere. Si è rivelato un calcolo illusorio, come nella maggior parte dei Paesi Ue. E con previsioni di crescita riviste al ribasso, tra le peggiori tra i 27, urge far economia. O si rischia il Titanic.

A quando risale il dato inverso?

Il bilancio è strutturalmente in deficit da 50 anni, in Francia, con l’ultimo dato inverso che risale al 1974, se non vado errato. È un dato di fatto che la spesa pubblica supera sistematicamente le entrate, in particolare quelle fiscali, continuando a generare un deficit di bilancio ormai diventato strutturale.

E oggi a che livelli siamo arrivati?

In un anno, il debito è aumentato di oltre 200 miliardi di euro, secondo i dati pubblicati dall’Insee qualche settimana fa. Nel quarto trimestre 2024, il debito pubblico francese ha raggiunto il livello record di 3.305,3 miliardi, pari al 113% del Pil. In dieci anni, è aumentato di 1.267,5 miliardi. Ecco perché Bayrou parla di un “Himalaya”.

Come mai è stato ipotizzato un intervento così deciso e immediato? Quali pericoli corrono, altrimenti, l’economia francese e i conti dello Stato?

Perdita di appeal sui mercati, già evidenziata dai recenti alert delle agenzie di rating; i prossimi saranno rilasciati dopo l’estate, ma nel frattempo il messaggio è chiaro: o la Francia si impegna a ridurre quello che potremmo definire il suo tenore di vita, legato naturalmente anche al welfare state oltre alle spese della “macchina” statale, oppure sempre meno persone “presteranno” denaro o lo faranno a tassi molto elevati. La Francia rischia, in sostanza, una perdita di sovranità, e la supervisione del Fondo monetario internazionale potrebbe non essere così lontana, come ha di fatto ventilato il ministero dell’Economia.

Tra i provvedimenti previsti c’è anche la soppressione di due giorni finora considerati festivi, il lunedì di Pasqua e l’8 maggio, festa della vittoria sui nazisti. Qual è il senso di una misura del genere e quanto può colpire l’opinione pubblica?

Si sono chiesti tagli ai ministeri da anni, senza grande successo. E a volte senza neppure riscontro. Si continuano a chiedere tagli, a eccezione delle Forze armate e del relativo ministero. Ci sono nuovi investimenti che il presidente traccia e che, chi governa, è costretto ad assecondare. Vedi quelli sulla Difesa. Macron ha spinto sul tasto della drammatizzazione e della minaccia russa e del terrorismo islamico per giustificare questa spesa inedita, bilancio della Difesa raddoppiato in dieci anni entro il 2027. Ma al resto deve pensare Bayrou, che infatti ha già incassato un secco no dalla prima rilevazione dopo questo annuncio sui due giorni di troppo nel calendario.

Che carte ha in mano Bayrou per sopravvivere politicamente e portare risultati tangibili nell’abbassamento dell’Himalaya del debito?
Ora il governo Bayrou promette di intervenire sulla spesa pubblica, ma senza essere ancora troppo specifico. Dovrà farlo necessariamente entro l’autunno.

Ci può fare qualche esempio di quali interventi sono in discussione?

Si stanno esplorando l’eliminazione di agenzie statali, la limitazione del numero di dipendenti pubblici, ma lo si dice dai tempi di Sarkozy. Si punta a non aumentare le tasse, o almeno non dichiararlo; salvo uno “sforzo” che probabilmente sarà chiesto a chi guadagna più di 250mila euro l’anno per un incasso di 4,2 miliardi dai più ricchi, ancora allo studio. E si rilancia il tema della frode fiscale da combattere con maggiore forza ed efficacia. Ma intanto stanno valutando tagli alla spesa sociale, agli aiuti sanitari. La proposta di un cosiddetto “anno bianco” per la Francia impatta anche sulle pensioni, perché l’idea è di far spendere allo Stato nel 2026 la stessa cifra del 2025, senza rivalutare le pensioni all’inflazione, né gli stipendi dei funzionari pubblici.

E Macron come si sta ponendo rispetto a queste misure?

In prima battuta ha detto che del bilancio si sarebbe occupato il primo ministro, quasi smarcandosi dal problema, sapendo bene che Bayrou non fa parte del suo partito. Poi, da ultimo, ha detto ieri che il piano Bayrou ha “coraggio, audacia e lucidità”.

Il governo non è riuscito a trovare un accordo con i partiti per modificare la riforma delle pensioni voluta da Macron, ma ora blocca l’adeguamento all’inflazione delle pensioni: una decisione che potrebbe riaccendere le proteste su un tema che ha infiammato la Francia nel periodo dell’approvazione della riforma?

Su questo punto davvero potrebbero risaldarsi le opposizioni che lo scorso dicembre hanno fatto cadere Barnier, l’ex premier nominato dopo la crisi politica dell’estate scorsa. Ieri, dopo il pronunciamento del segretario socialista Faure, che ha sostanzialmente preannunciato una “censura” parlamentare, anche Marine Le Pen ha esplicitato la sua posizione, naturalmente dopo aver letto i sondaggi sulle ipotesi messe in campo da Bayrou. Le Pen lo ha attaccato frontalmente, dopo settimane di interlocuzioni con lui su altri dossier come la riforma proporzionale di voto, dicendo che non si possono chiedere sforzi sempre alle stesse persone, alla classe media, spiegando che allo stato attuale una mozione di “censura” le sembra “inevitabile”.

Il governo Bayrou non ha una vera maggioranza che lo sostiene; l’Assemblea nazionale potrà accettare un piano del genere? Quali sono state le reazioni dei partiti e come si differenziano?

Diciamo che adesso, messa la carne sul fuoco, Bayrou deve aspettarsi una doppia battaglia, parlamentare in Assemblea nazionale e di opinione. Al momento, 6 francesi su 10 trovano i suoi annunci eccessivi nonostante il debito sia considerato grave e dunque si ritenga necessario intervenire. Quasi 7 su 10 ritengono in particolare l’annuncio sui due giorni di festa da cancellare uno sbaglio. A dire il vero, anche Macron, e basta riavvolgere il nastro al 25 aprile 2019 come molti stanno facendo sui social ma anche in tv, era contrario a intervenire sul taglio dei giorni festivi dal calendario.

Con questa proposta lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e nuove elezioni diventano sempre più probabili? O c’è comunque la possibilità che Bayrou riesca a trovare un punto di equilibrio o i voti sufficienti per andare avanti?

I voti può trovarli. Ma è debole, anche nei numeri. E il bilancio è forse l’unico terreno su cui sinistra, estrema sinistra e verdi potrebbero trovarsi di nuovo a votare insieme una “sfiducia” in Aula con i lepenisti. I presupposti ci sono. E anche gli indizi. Ma se ne parlerà nelle prossime settimane, probabilmente in autunno.

A quali indizi si riferisce?

Da quello che ha dichiarato ieri a Le Parisien, Le Pen sembra già pronta ad andare in direzione di un nuovo scioglimento dell’Assemblea nazionale e affrontare nuove elezioni, che da luglio tornano un’ipotesi possibile dopo l’anno trascorso per legge dall’ultimo scioglimento.

Marine Le Pen resta ineleggibile?

Sì, però si è anche detta pronta a presentare comunque la sua candidatura in caso di elezioni legislative anticipate, nonostante l’esecuzione provvisoria della sua condanna per ineleggibilità legata al caso degli assistenti parlamentari dell’ex Front national. È la prima volta che lo fa dopo la cautela strategica iniziale.

Come pensa di poterlo fare nonostante la condanna?

“Mi candiderò e difenderò la mia candidatura davanti alle autorità competenti per convalidarla”, ha dichiarato, evocando il tribunale amministrativo e il Consiglio di Stato. Questi fori, a suo dire, le permetteranno di presentare una cosiddetta questione prioritaria di costituzionalità (QPC), che dice di aver già redatto, appellandosi alla Carta che, in sostanza, difende il diritto di scelta degli elettori.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Emmanuel MacronEconomia Francia

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