Ci sono delle frasi anche comuni che non andrebbero mai dette a dei bambini, le conseguenze possono esere più gravi di quanto immaginiamo
Ci sono frasi che, anche se dette in buona fede, non andrebbero mai rivolte a dei bambini perché possono lasciare segni profondi nella sua autostima.
Quante volte, magari presi dalla stanchezza o da una giornata complicata, ci lasciamo sfuggire parole che non pensiamo davvero? Succede. Soprattutto con i bambini, che assorbono tutto come spugne, anche quello che crediamo sia solo uno sfogo momentaneo.
Il problema, però, è che certe frasi – dette una, due, cento volte – finiscono per piantarsi nella loro mente, diventando convinzioni limitanti, insicurezze, ferite invisibili. Ecco perché è importante fare attenzione, senza colpevolizzarsi, ma imparando a scegliere le parole con più consapevolezza.
Non dire mai queste cose a dei bambini
Una delle frasi più comuni, e anche più tossiche, è il classico “Non sei capace”. A volte la si dice senza cattiveria, come una constatazione. Però il messaggio che arriva è molto più pesante: “non vali abbastanza, non ce la farai”. Invece, si potrebbe dire qualcosa tipo “È difficile, ma puoi migliorare con un po’ di impegno”. In questo modo, si trasmette fiducia, non giudizio.
Anche il famoso “Sei cattivo” è da evitare come la peste. Etichettare un bambino in base a un comportamento momentaneo non aiuta a correggerlo, anzi, lo rafforza. Il piccolo inizia a pensare che quella sia la sua identità. Meglio distinguere tra ciò che fa e chi è, ad esempio dicendo “Quello che hai fatto non va bene, ma possiamo parlarne”.

Poi c’è quella frase che fa più danni di quanto si immagini: “Mi fai venire il mal di testa”. Lo so, può scappare in una giornata difficile, però il bambino si sentirà fonte di stress e fastidio. E quando accade spesso, si porta dietro questa sensazione anche da adulto. Una valida alternativa può essere “Ho bisogno di un momento di calma, possiamo parlarne tra poco?”.
Un altro errore comune è minimizzare le emozioni con frasi tipo “Non è niente, smettila di piangere”. In realtà, per loro può essere un dramma vero. Riconoscere ciò che provano è il primo passo per aiutarli a gestire le emozioni, dicendo magari “Capisco che sei triste, vuoi un abbraccio?”.
E che dire di “Guarda tuo fratello com’è bravo”? Il confronto, inutile girarci intorno, non serve mai. Anzi, genera competizione tossica e senso di inadeguatezza. Meglio concentrarsi sul bambino e su ciò che fa lui, magari sottolineando i suoi sforzi con un semplice “Hai fatto un bel lavoro, ti sei impegnato molto”.
Infine, frasi come “Te l’avevo detto” o “Ti sta bene” sembrano piccole vendette verbali, ma creano solo distanza. L’obiettivo, invece, dovrebbe essere quello di costruire fiducia reciproca. E in questo senso, parole come “Capita a tutti di sbagliare, cosa possiamo imparare da questo?” fanno miracoli.
Educare non vuol dire essere perfetti, ci mancherebbe. Però vuol dire provare a esserci davvero, anche attraverso le parole. Perché i bambini imparano non solo da quello che facciamo, ma soprattutto da come glielo diciamo.
