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Home » Esteri » Cina » RAPPORTI UE-CINA/ I nodi critici rimasti dopo il vertice di Pechino

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RAPPORTI UE-CINA/ I nodi critici rimasti dopo il vertice di Pechino

Andrea Pomella
Pubblicato 28 Luglio 2025
Il Presidente cinese Xi Jinping e il suo ministro degli Esteri Wang Yi (Ansa)

Il Presidente cinese Xi Jinping e il suo ministro degli Esteri Wang Yi (Ansa)

Restano dei punti critici importanti da sciogliere nei rapporti tra Ue e Cina dopo la visita di Ursula von der Leyen a Pechino

Il recente vertice tra l’Unione europea e la Cina, tenutosi a Pechino il 24 luglio, ha rappresentato una tappa importante della storia delle relazioni sino-europee. Cinquant’anni dopo l’avvio delle relazioni diplomatiche ufficiali, la partnership economica e geopolitica tra Bruxelles e Pechino ha toccato uno dei punti più bassi arrivando a quello che Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, ha definito un “punto di inflessione”.


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Il nodo legato alla questione degli squilibri commerciali esistenti rappresenta quello più difficile da scogliere, come testimonia il deficit commerciale europeo nei confronti della Cina che nel 2024 ha toccato il picco di 305,8 miliardi di euro. Tale squilibrio non è attribuibile soltanto a dinamiche cicliche, ma è connesso alle strategie industriali cinesi che generano una sovrapproduzione sistematica e puntano a creare legami di dipendenza economica. A questa criticità si legano i sussidi statali e le barriere all’accesso al mercato interno cinese per le imprese europee.


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Le recente analisi dell’Istituto tedesco per l’economia (IW) hanno messo in relazione lo squilibrio fra Cina e Ue alle conseguenze della politica monetaria cinese che, attraverso una costante sottovalutazione dello yuan, continua a favorire le esportazioni impattando negativamente la competitività dei produttori europei.

Un problema a cui l’Ue non ha ancora trovato rimedio anche a causa di quella che Rym Momtaz del Carnegie Endowment ha definito una “relativa debolezza negoziale” nei colloqui con Pechino. Un’analisi condivisa anche dall’European council on foreign relations (Ecfr), secondo il quale l’Ue, anche se dotata di strumenti come il controllo sugli investimenti e le misure anti-coercizione – come dazi e limitazioni all’accesso al mercato europeo -, non riesce ad adottarli in modo convincente.


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Un punto centrale delle preoccupazioni europee rimane la sovrapproduzione industriale cinese, in particolare nel settore automobilistico elettrico e delle tecnologie verdi. Le esportazioni cinesi, supportate da massicci sussidi statali, costituiscono una seria minaccia per le aziende europee, incapaci di competere con imprese che tengono i loro prezzi bassi in modo artificiale.

Altro nodo critico riguarda l’accesso alle materie prime strategiche, in particolare le terre rare, di cui la Cina è leader globale indiscusso. Le recenti restrizioni imposte da Pechino hanno provocato interruzioni temporanee nelle linee di produzione europee in vari settori cruciali rendendo palese il livello di dipendenza e vulnerabilità delle catene di approvvigionamento europee.

Nel giugno 2025, ad esempio, le esportazioni cinesi di magneti in terre rare verso l’Europa sono aumentate del 245% rispetto a maggio, pur rimanendo il 35% inferiori rispetto all’anno precedente. Dal punto di vista geopolitico, la divergenza di posizioni tra Europa e Cina risulta ancor più evidente nella questione ucraina. Nonostante i continui inviti rivolti dalla diplomazia europea a Pechino affinché eserciti una pressione a sulla Russia per un cessate il fuoco, la Cina mantiene una posizione di “ambigua neutralità”, che nei fatti si traduce in un continuo supporto a Mosca.

A questo quadro di così difficile soluzione, le relazioni fra Ue e Usa aggiungono un ulteriore livello di complessità. Non sembra un caso che Ursula von der Leyen abbia dichiarato, nel corso del summit di Pechino, che le relazioni con la Cina sono certamente importanti, ma devono basarsi su temi che hanno un “valore intrinseco”, indipendentemente dalle questioni che l’Europa ha con altri Paesi, come gli Stati Uniti.

Xi Jinping, dal canto suo, aveva affermato durante il vertice che le sfide europee non derivano dalla Cina, invitando Bruxelles a gestire meglio le proprie frizioni interne ed esterne, un chiaro tentativo da parte di Pechino di sfruttare le tensioni transatlantiche a proprio vantaggio. Tuttavia, l’Ue non è intenzionata ad assecondare le indicazioni di Xi e sembra aver compreso che un rapporto basato su uno squilibrio strutturale di tale portata non può essere più sostenuto.

In gioco c’è l’autonomia economica e politica dell’Ue, un tema che può essere affrontato soltanto dando un reale senso alla strategia di “de-risking” con cui trovare delle contromisure alla vulnerabilità e dipendenza dell’economia europea e, al contempo, combinando assertività e apertura al dialogo. Solo in questo modo le tensioni con Pechino potranno trasformarsi da elemento di instabilità a opportunità per consolidare il ruolo dell’Unione su scala globale.

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Tags: Xi JinpingUrsula Von Der Leyen

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