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Home » Lavoro » Stipendi pubblici, stop tetto di 240mila euro ai dipendenti PA/ Consulta: giudici potranno guadagnare di più

  • Lavoro
  • Politica

Stipendi pubblici, stop tetto di 240mila euro ai dipendenti PA/ Consulta: giudici potranno guadagnare di più

Niccolò Magnani
Pubblicato 28 Luglio 2025
Corte Costituzionale

La riunione della Corte Costituzionale (ANSA 2025, Francesco Ammendola)

La sentenza della Corte Costituzionale sullo stop al tetto di 240mila euro per i dipendenti della PA: cosa dice, cosa prevede e quanto si guadagnerà ora

È INCOSTITUZIONALE IL TETTO AGLI STIPENDI SUI DIPENDENTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: COSA DICE LA CONSULTA

Il tetto agli stipendi per i dipendenti della PA era in vigore dal 2014 sotto il Governo Renzi, ma d’ora in poi non potrà più essere confermato: lo dice la sentenza della Corte Costituzionale, approvata questa mattina nella riunione al Palazzo della Consulta, che per l’appunto definisce illegittimo il tetto (lordo) di 240mila euro per tutti gli stipendi della Pubblica Amministrazione. Sebbene gli stessi giudici ribadiscano che di per sé non vi è un ostacolo costituzionale a fissare un limite per legge, ma il problema è che il parametro fissato nel 2014 in piena crisi economica deve essere definito da un nuovo intervento del Presidente del Consiglio dopo aver sentito le commissioni parlamentari di competenza.


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In termini pratici, la sentenza n.135 della Consulta in questo anno 2025, chiarisce con il giudizio del redattore Marini che la soglia precedente di 240mila euro deve essere abolita per poi passare ad un nuovo possibile parametro in attesa dallo Stato: durante questa “assenza” del decreto, la soglia temporanea vedrà come tetto massimo per gli stipendi PA il corrispettivo del primo presidente della Corte di Cassazione (ovvero quanto indicava il decreto “Salva Italia” del Governo Monti).


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Il tetto retributivo veniva considerato costituzionale in quanto era vista come misura eccezionale in periodo di crisi finanziaria, economica e sociale: i magistrati della Consulta però ritengono che quel periodo sia durato in maniera eccessiva e così l’iniziale requisito di “temporaneità” viene ora a mancare, Come scrive ancora la Corte, l’effetto di “emergenza” era stato posto a tutela dell’indipendenza della magistratura e necessario alla «compatibilità costituzionale».

MAGISTRATI E NON SOLO: L’AUMENTO DEGLI STIPENDI PA PER “SENTENZA”

Il tetto agli stipendi PA era stato aggiunto dal Governo Renzi nel 2014 con un limite abbassato rispetto al decreto Monti di tre anni prima con una decurtazione importante per alti dirigenti, magistrati d’alto grado e manager della Pubblica Amministrazione: la sentenza di oggi segue quanto espresso dalla Corte di Giustizia UE nel febbraio 2025 dove per l’appunto è stato definito illegittimo la riduzione dello stipendio per i magistrati.


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In termini meramente pratici, con la sentenza della Corte Costituzionale non si avranno effetti retroattivi ma il nuovo “tetto” scatterà dal momento in cui verrà inserita in Gazzetta Ufficiale la nuova decisione diffusa oggi con il comunicato della Consulta: serve però una proporzionalità che possa tutelare, tra gli altri, i giudici e gli alti dirigenti che in questi anni hanno più volte contestato il tetto fissato dal Governo Renzi.

In tal senso, il vincolo che potrà essere inserito da un nuovo Dpcm del Governo dovrà tener conto dei rilievi di Consulta e Corte UE, ovvero che non si potranno distinguere le categorie di dipendenti pubblici: ergo, un tetto potrà essere imposto ma senza la “decurtazione” per i dipendenti di prima fascia. Il limite sarà imposto per tutti, anche se la conseguenza primaria è che d’ora in avanti gli “aumenti” per sentenza scatteranno proprio per quelle categorie che erano state “decurtate” con il decreto di 11 anni fa.

Tags: Corte Di Cassazione

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