La "mossa" di Trump sul trilaterale di pace, le richieste di Putin e Zelensky e lo scenario complicato che si apre ora: cosa sta succedendo dopo i summit
PASSO INDIETRO O MOSSA STRATEGICA: COSA SUCCEDE ALLA CASA BIANCA VERSO IL TRILATERALE PUTIN-ZELENSKY-TRUMP
Il “Guardian” titola come un “passo indietro” di Donald Trump nella mediazione tra Ucraina e Russia: al di là delle posizioni politiche del quotidiano liberal UK, non esattamente in piena “sintonia” con il Presidente degli Stati Uniti, dopo l’entusiasmo per il doppio vertice in Alaska e Casa Bianca, è come se una improvvisa frenata generale fosse scattate sull’asse Mosca-Kiev-Washington. Secondo fonti dell’amministrazione Trump al quotidiano UK, il Presidente USA avrebbe fatto una «marcia indietro nella mediazione tra Ucraina e Russia» in merito al trilaterale da organizzare subito dopo il vertice a due Putin-Zelensky.
Le medesime fonti dei funzionari USA ribadiscono che il trilaterale che Trump avrebbe tentato di organizzare a Budapest sarebbe ora in fase di congelamento, in attesa che i due leader di Mosca e Kiev si incontrino mettendo sul campo le rispettive condizioni di pace: passo indietro, o «atteggiamento attendista», come spiega un altro funzionari americano citato dai media USA dopo la notizia della “frenata” sul trilaterale.

A dirla tutta, già lunedì alla Casa Bianca il tycoon aveva spiegato ai volenterosi UE che in primo luogo si sarebbe organizzato il vertice Putin-Zelensky entro fine agosto, con accordo di entrambe le parti, mentre il trilaterale con la mediazione americana sarebbe arrivato solo in un secondo momento (se il summit tra i due Paesi in guerra non fosse “deflagrato”).
Il Presidente americano ha passato il dossier al Segretario di Stato Rubio, a riconferma di una decelerazione nella mediazione tra Kiev e Mosca: è però al contempo un “messaggio” tanto al Cremlino quanto all’alleato Zelensky, in modo da “responsabilizzare” Russia e Ucraina dal trovare un minimo di appiglio per sedersi al tavolo e iniziare a negoziare. Con le garanzie di sicurezza che tanto Putin quanto Zelensky richiedono ai vari “attori non protagonisti” della complessa vicenda bellica: dai leader europei alla NATO, fino agli Stati Uniti e alla stessa Cina (invocata da Mosca come eventuale Paese garante, tra gli altri, della futura sicurezza dell’Ucraina).
IL DISTINGUO DI KIEV E MOSCA E IL “CONSIGLIO” DI TRUMP: È REBUS SULLE GARANZIE ALL’UCRAINA
La Russia con Putin e ancora ieri con il Ministro degli Esteri Lavrov fissa la sua condizione principale: non ci dovranno essere eserciti europei in Ucraina, dando così “ragione” alla proposta italiana (e americana) di puntare ad un meccanismo di difesa automatica di Kiev senza alcun ingresso nella NATO, e senza soprattuto truppe in territorio ucraino. Il capo della diplomazia russa fa ancora di più, mette in guarda dalla possibile validità di una firma nel negoziato del Presidente Zelensky: «dovrà essere risolto il problema della legittimità della persona che firmerà questi accordi», facendo riferimento al fatto che il Presidente ucraino ha il mandato scaduto nel maggio 2024 e per ora “congelato” proprio vista la persistenza della guerra.

Si tratta di ulteriori “mosse diplomatiche” per prendere tempo e ritardare l’eventuale discussione al tavolo con il nemico, elemento più volte richiamato dai volenterosi UE che denunciano la posizione di Mosca come ancora «restia ad un accordo di pace»: di contro Putin e Lavrov accusano Bruxelles e la NATO di «complottare contro gli sforzi di pace della Presidenza Trump».
Lo scenario si fa più complesso insomma, con in più il “monito” giunto da Washington con il messaggio su Truth del Presidente USA circa l’inizio e le origini del conflitto nel Donbass: per colpa di Biden che «ha impedito a Kiev di poter attaccare il proprio invasore», ora lo scenario di pace è tutt’altro che semplice, «senza attaccare l’Ucraina non ha speranze di vincere».
Nel frattempo dalla Reuters viene “confermato” quanto finora era rimasto “sussurrato” dalle anticipazioni e rumors in arrivo da Anchorage: nel vertice in Alaska, Trump e Putin avrebbero discusso su una base di accordo che prevedeva da un lato la cessione dell’Ucraina di tutto il Donbass, la rinuncia all’ingresso nella NATO e la neutralità senza truppe occidentali in “casa”.
Di contro, Mosca garantiva le linee di confine attuali nelle regioni di Zaporizhzhia e Kherson – rinunciando a conquistare gli interi territori – oltre che altre rinunce sparse sul campo di battaglia nell’est Ucraina. Da Kiev Zelensky fa sapere che l’incontro con Putin avverrà solo quando le condizioni di pace e sicurezza per l’Ucraina saranno state garantite dagli alleati, così come Mosca ribadisce che occorre valutare al meglio tutte le fasi di un negoziato che si presuppone possa essere molto più “lungo” di quanto auspicato dopo le aperture comunque importanti viste in Alaska.

