Donald Trump attacca direttamente Zelensky dandogli del venditore. Ma è spazientito con l’Europa che continua a opporsi alla pace
Ieri Trump ha definito Zelensky un “gran venditore” pochi giorni prima dei colloqui fra ucraini e americani. Ha anche ribadito che non gli darà più un soldo. Con Putin, invece, avrebbe avuto un’altra buona telefonata. Il presidente ucraino, da parte sua, se l’è presa con il vicepresidente americano JD Vance, secondo il quale i russi hanno fatto concessioni all’Ucraina. Una rottura che non fa presagire niente di buono in termini di trattative, come fanno pensare altri elementi emersi nelle ultime ore.
Non ci sarà un faccia a faccia Putin-Zelensky, almeno per ora. Anzi, per i russi il presidente ucraino non potrebbe neanche firmare la pace. Dopo le speranze alimentate a sproposito dal vertice Putin-Trump in Alaska e l’incontro a Washington tra il presidente USA e gli europei, la prospettiva di un negoziato che porti alla fine della guerra in Ucraina è sempre meno concreta.
Chi non vuole la pace, osserva Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, sono Zelensky e i leader europei che, in caso di sconfitta, rischiano seriamente di doversene andare. Alla fine, però, gli ucraini saranno costretti a sedersi al tavolo con i russi.
Per Trump Zelensky è un “grande venditore”. Siamo alla rottura definitiva Kiev-Washington?
I cambiamenti di umore di Trump sono ormai diventati proverbiali. Quello che mi pare costante però è il rispetto che il Potus riserva a Putin, col quale aveva ammesso di avere rapporti telefonici da tempo anche prima di Anchorage. Altrettanto costante il fastidio palese che dimostra nei confronti di Zelensky, a cui ha espresso più di una volta la volontà di non continuare a buttare risorse nel pozzo di San Patrizio delle sue esigenze belliche.
Questa freddezza di Trump per Zelensky avrà conseguenze?
Credo che rappresenti un motivo di preoccupazione per qualche cancelleria europea, alla disperata ricerca di un modo di far quadrare il cerchio: non opponendosi apertamente agli sforzi di Trump per arrivare a una pace e adeguandosi alle pressioni dei più guerrafondai tra i cosiddetti “volenterosi”: una situazione che sembra spazientire Trump.
L’incontro Putin-Zelensky probabilmente non si farà e Lavrov dice che il presidente ucraino non può firmare accordi perché il suo mandato è scaduto: la guerra continuerà almeno finché qualcuno non lo sostituirà?
Lavrov ha detto che Zelensky non è un presidente legittimo, ma una volta che si inizia a discutere tutto viene di conseguenza. Per quanto riguarda le trattative, in realtà c’è solo una persona che vuole la pace, forse due. Trump la vuole per vari motivi: perché l’ha promesso in campagna elettorale e ritiene che questa sia la guerra di Biden e non la sua.
Chiudere il conflitto sarebbe un successo, anche perché ha interessi comuni con la Russia, di cui si è parlato ad Anchorage. Hanno parlato anche di deterrenza nucleare, un campo in cui ci sono accordi che riguardano pure le armi a medio raggio, quelle che gli Stati Uniti schierano in Europa, in Romania, in Polonia, e che Mosca ha in Bielorussia.
Oltre al presidente USA, chi altro vuole la pace?
Putin non vuole continuare la guerra all’infinito. Noi europei abbiamo perso molto in questo conflitto, dal punto di vista energetico, commerciale, economico, ma ci ha perso anche la Russia, che ha saputo resistere meglio alla situazione ma ha i suoi problemi. La guerra la vuole finire, anche se alle sue condizioni, che sono le solite: Ucraina fuori dalla NATO, cessione dei territori. Sta già soffrendo un accerchiamento che si è completato nel Baltico e nel Caucaso, non vuole che anche al centro, in Ucraina, sia presente l’Alleanza atlantica.
Gli altri protagonisti del conflitto la pace la vogliono o no?
Zelensky non la vuole perché, nel momento in cui ci fosse la pace, lui sarebbe finito, verrebbe scaricato da tutti: si terrebbero nuove elezioni e ci sarebbe un nuovo regime. Non la vogliono gli europei, perché si sono imbarcati in questa guerra come se fosse loro e una sconfitta dell’Ucraina rappresenterebbe una sconfitta della UE.

Il ministro delle Finanze tedesco Lars Klingbeil ha detto che Putin non deve illudersi: la Germania non abbandonerà mai l’Ucraina. È la conferma della linea europea?
Con tutti i fondi e le armi che sono state mandate in Ucraina e dopo la figura fatta a Washington, in caso di sconfitta di Kiev le leadership europee sarebbero scosse da un terremoto spaventoso, i governanti attuali verrebbero costretti ad andarsene. Sarebbe una crisi politica enorme, per questo non possono fare altro che sostenere l’Ucraina, anche se per farlo bisogna scatenare la Terza guerra mondiale: ne va della loro sopravvivenza. Questo è il dramma dell’Europa: è in mano a dei leader che sono pronti a giocare la nostra sicurezza per la loro salvezza.
Il vicepresidente USA Vance ha detto che la guerra finirà entro sei mesi, ma questo vuol dire anche che durerà almeno altri sei mesi, mentre sembrava che la trattativa potesse decollare. Cosa hanno in mente gli USA?
Credo che Trump sia tutt’altro che quell’improvvisatore che si dice, che abbia un suo metodo: non fa capire agli altri quello che sta pensando e che sta pianificando. Ha trattato da pari Putin, ma non gli europei che sono andati a trovarlo a Washington. Gli americani hanno detto loro che non possono pretendere più di tanto, che la situazione è quella che è.
Non so se ci sarà o meno l’incontro fra i due leader: comunque potrà arrivare solo alla fine di un processo di elaborazione delle proposte; non si tratta di cose che possono essere decise in quattro e quattr’otto davanti a un caffè. Penso, comunque, che prima o poi il vertice si terrà, perché l’Ucraina ormai non ne ha più, non ha più forze.
I media ucraini hanno messo in rilievo la riconquista del villaggio di Tovste nel Donetsk: troppo poco per alimentare le speranze?
Hanno riconquistato un piccolo villaggio, ma per il resto gli ucraini continuano a perdere. Le forze russe stanno arrivando anche a Lyman, in un settore che è stato fermo per tantissimo tempo. Prima o poi dovranno trattare per forza. L’Ucraina aveva 50 milioni di abitanti, nel 2022 erano 40, adesso sono 20: molti sono scappati. Le forze armate hanno unità che sono al 30% degli organici, c’è il fenomeno della diserzione o dell’Awol (Absent without license), le persone che si assentano arbitrariamente. In questa situazione l’esercito ucraino non può andare avanti all’infinito.
Visto che in realtà lo stato delle trattative non è cambiato, perché Trump ha cercato di forzare la mano con gli incontri di Anchorage e Washington?
Trump aveva bisogno evidentemente di dare una dimostrazione al mondo e all’Europa del cambio politico che era intervenuto con il suo arrivo. Ha una visione diversa rispetto ai democratici dei rapporti tra Stati Uniti e Russia. Ha bisogno di non precludersi i mercati che fanno capo anche ai BRICS. Prima voleva imporre sanzioni indirette ai Paesi che commerciano con la Russia, tra cui la Cina e l’India, ma è tornato sui suoi passi. Ha bisogno di un appeasement con questa parte del mondo che ha nella Russia il referente principale, anche se non è la prima potenza di questo gruppo.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
