La Francia di Macron & Bayrou ha accusato l'Italia di dumping fiscale. Laddove avviene occorre ringraziare Renzi. E i molti "dumping" di Parigi?
Giorgia Meloni si è molto arrabbiata – in tempo reale, di domenica sera – con il premier francese François Bayrou per le accuse di dumping fiscale all’Italia. Ma ne ha avuto molte ragioni.
La prima – la più epidermicamente politica – è che la (mini)fiscalità agevolata per i “ricchi apolidi” in Italia non l’ha inventata la maggioranza di destra-centro, ma quella di sinistra guidata dal leader dem Matteo Renzi (e il presidente dem Sergio Mattarella – che ha poi voluto un peculiare “trattato di amicizia” fra Italia e Francia – l’ha controfirmata senza sollevare mai neppure in seguito eccezioni costituzionali di equità tributaria interna o comunitaria).
Ma quella che appare certamente una strumentalizzazione paradossale è l’accusa all’Italia di lassismo/opportunismo fiscale: viene, con toni populisti, da una Francia senza più governo né maggioranze parlamentari, incapace di disciplinare se stessa nel rigore finanziario che per prima ha imposto all’Italia nel 2011.
A lanciare strali è stato un classico premier France First, oggi chiaramente frustrato – al pari del presidente Emmanuel Macron – nel vedersi accompagnato alla porta dai giornali del suo Paese che gli rinfacciano la parità fra lo spread francese a quello italiano.
È un Bayrou che vorrebbe denunciare Roma per una sorta di anti-patrimoniale internazionale entro i confini Ue, di “rapina” di patrimoni al fisco altrui per evitare di imporre tassazioni straordinarie sui suoi cittadini-contribuenti più ricchi.
I fatti dicono che l’Italia ha sopportato l’austerity europea – che ora invece la Francia rifiuta – senza varare alcuna tassazione patrimoniale; e che oggi il governo di Meloni e Giorgetti riesce a stare sotto il 3% di deficit/Pil – entro lo standard di stabilità Ue – con un regime fiscale stretto, ma senza prelievi eccezionali.
È la Francia che invece è ridotta a pensare alla patrimoniale perché ormai alla deriva rispetto allo stato di diritto finanziario Ue: che Macron ancora nel 2019 si era messo in testa di riformare da solo con Angela Merkel.
Una tassazione sui “wealthy people” francesi ha alla fine dovuto metterla in conto lo stesso Bayrou, nascondendo le lacrime del ministro italiano Elsa Fornero quando annunciò una draconiana riforma delle pensioni. Ma la super-tassazione di redditi e patrimoni più alti era giudicata irrinunciabile – e ormai non più sufficiente da sola ad evitare un pesante riassetto previdenziale – anche dal gollista Michel Barnier, immediato predecessore di Bayrou, entrambi prestatisi a brevi e ingloriosi passaggi a a Matignon nel puro tornaconto dell’Eliseo.

Ambedue i premier-fake sono comunque finiti impallinati – anche – dalle sinistre all’opposizione, le stesse che oggi meditano dal canto loro di risolvere la crisi finanziaria francese con una iper-tassazione giacobina, maledetta-e-subito, lasciando intatte le pensioni.
Che ora sia un centrista sconfitto – sfiduciato a Parigi anche dalla destra moderata ed estrema – ad accusare l’Italia di giocare al paradiso fiscale e al Sudamerica in Europa meriterebbe solo un “vaffa” grillino, e non, invece, la pensosità “terza” del foltissimo Club degli Amici della Francia al di qua delle Alpi.
Bayrou cerca di seminare zizzania in un’Italia in cui il ceto medio nazionale pagherebbe a pie’ di lista le tasse risparmiate a calciatori a Milano o Torino, ad attori sul lago di Como o ad altre celebrity con masseria in Puglia. È enormemente più rilevante (e non unico) un altro squilibrio, sia in termini fiscali che politici: quello che vede Stellantis – in cui lo Stato francese è azionista di co-controllo – pagare in Olanda ben altre tasse agevolate di quelle pensate da Renzi quando Cristiano Ronaldo si trasferì alla Juventus. Di cui era e resta proprietaria Exor, primo azionista di Stellantis e pure da tempo “migrante economica” entro il perimetro Ue, in fuga dall’Italia verso il dumping tributario dei frugalissimi Paesi Bassi.
Nel frattempo la Francia oggi volenterosissima contro l’America First di Donald Trump e i suoi Grandi Fratelli Big Tech, non ha mai veramente contestato a Bruxelles o a Francoforte la maxi-evasione fiscale legalizzata dei giganti californiani in Irlanda. Per “resistere” al fisco Usa, per decenni: non diversamente dai brigatisti rossi italiani rifugiati a Parigi.
Ma il dumping vero, geopolitico, pare quello di una Francia che vorrebbe che l’Europa pagasse la guerra volenterosa – e suicida – di un presidente-Stranamore che non sembra godere più neppure della fiducia di sua moglie.
È la stessa Francia di Christine Lagarde: che ieri ha politicizzato, sovranizzato, “macronizzato” il suo ruolo di presidente della Bce accusando Donald Trump di voler “mettere le mani” sulla Fed. Pare essere lei, invece, ad occupare sempre più abusivamente la poltrona da cui Mario Draghi disse “whatever it takes” nell’interesse dell’intera Europa di allora.
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