Le pensioni oggetto di una bassa rivalutazione sono quelle che negli anni hanno pagato più tasse. Una ingiustizia senza precedenti.
La rivalutazione nelle pensioni può esser conteggiata parzialmente oppure al 100%. L’incidenza varia in base all’importo del cedolino e al rapporto del trattamento minimo rispetto all’assegno sociale.
Dopo la proposta di ridurre la rivalutazione straordinaria ora c’è un’altra amara realtà: i pensionati che percepiranno oltre 4 volte il minimo (almeno l’assegno è pari a 616,67€), subiranno una penalizzazione importante.
Il peso della rivalutazione sulle pensioni “alte”

La rivalutazione sulle pensioni medio alte (almeno su quelle da 2.500€ lordi al mese), sarà quella che peserà di più sui cedolini. Verosimilmente stiamo parlando di contribuenti che hanno pagato negli anni un’imposta elevata (almeno il 62% dell’IRPEF).
Lo scenario è stato prospettato sia da Cida che da Itinerari Previdenziali in occasione del report sui costi pubblici e gli introiti all’Erario, evidenziando in particolar modo “gli effetti delle svalutazioni previdenziali italiane“.
Le cause sarebbero da ricondurre alle decisioni prese negli ultimi anni dal Governo Meloni, in special modo nei 3 anni a partire dal 2024 fino ad oggi, complice l’inflazione che ha corroso cedolini e risparmi.
Il presidente di Cida, Stefano Cuzzilla, ha messo in evidenza un dato di fatto critico e amareggiante: “il sistema attuale ha penalizzato i cittadini che hanno dato e pagato di più a questo Paese“.
“Infedeli” privilegiati
Dal quadro esposto da Cuzzilla è chiaro che questo sistema ha avvantaggiato chi ha versato pochi contributi ma ha punito chi invece ne ha pagati molti. La categoria di contribuenti con RAL da 35.000€ annui è stata penalizzata pur avendo contribuito al 46,33% dell’IRPEF.
É corretto – aggiunge il Presidente di Cida – sostenere i poveri, ma è ingiusto e non sarebbe equo che a pagarne le conseguenze sono sempre coloro che hanno sudato e compiuto sacrifici per sostenere gran parte del sistema pensionistico.
Occorre a tal proposito una riforma pensioni che garantisca un equilibrio, solidale ma soprattutto senza discriminare le categorie dei contribuenti, ognuna con delle esigenze differenti.
A causare gli sgravi più influenti sono stati i meccanismi di perequazione, che hanno penalizzato nel tempo un trattamento previdenziale medio di 10.000€ lordi comportando una perdita – in 14 anni – di circa 177.000€.
Un’ingiustizia nei confronti di chi ha sudato per il bene del Paese ed è stato “ricompensato” con un addebito economico non indifferente.
