Zelensky perde consensi nel suo partito e pensa solo alla guerra, fidandosi delle promesse occidentali. Il Paese pensa ancora di evitare la sconfitta
Si va avanti a combattere, e solo se dal fronte arriveranno notizie molto negative si penserà ad altri scenari. La prospettiva di Zelensky è quella della guerra, fidando sull’appoggio, per quanto traballante, di americani ed europei. Secondo un sondaggio pubblicato dai media locali, tre ucraini su quattro credono di poter sconfiggere la Russia con l’aiuto degli occidentali. Il conflitto, osserva Stefano Caprio, sacerdote cattolico di rito bizantino in Russia dal 1989 al 2002, teologo ed esperto del mondo russo, potrebbe proseguire ancora per un anno, sfruttando il fatto che con la brutta stagione le operazioni militari diventeranno più difficili.
Intanto si affacciano nuovi nomi per le elezioni presidenziali, ma la prospettiva delle urne sembra lontana: Zelensky, fino a che c’è la guerra, resiste al suo posto, anche se perde consensi tra l’opinione pubblica e nel suo partito. Anzi, secondo Politico l’Occidente sarebbe preoccupato perché il presidente ucraino sta accentrando sempre di più il potere.
Durante un incontro con i deputati del suo partito “Servitore del popolo”, secondo la Ukrainska Pravda Zelensky avrebbe dichiarato: “Stiamo ancora combattendo. Ma se le cose al fronte andranno male, dovremo prendere decisioni difficili”. Come va letta questa affermazione?
La posizione dell’Ucraina è sicuramente quella di continuare la guerra, grazie a contraddittorie garanzie americane e a generose, ma non particolarmente efficaci, garanzie europee. Trump qualcosa concede, anche se fa pagare tutto agli europei. Tra gli altri spiccano inglesi e francesi. La Francia è la più convinta nel sostegno, ma ha grossi problemi interni. È altrettanto evidente, comunque, che Putin vuole continuare la guerra: siamo alla fine della campagna d’estate, ci sarà probabilmente un momento di pausa e poi comincerà la campagna d’autunno che però, probabilmente, sarà un po’ meno violenta.
Gli ucraini, però, non sono messi particolarmente bene. Ce la faranno a resistere?
Forse sperano in qualche sorpresa, come è stato nella zona di Kursk o a Kherson, quando sono riusciti a riconquistare una parte del territorio perso. Il tema è la guerra e finché c’è la guerra c’è Zelensky in cattedra.
All’incontro con il suo partito il presidente ucraino si aspettava 200 deputati, ma se ne sono presentati molti di meno. Secondo alcuni analisti paga le decisioni con le quali aveva bloccato l’attività delle agenzie anticorruzione. È uno Zelensky indebolito?
Lo scandalo della gestione dell’anticorruzione ha mosso le acque, ma c’era da aspettarselo. L’agenzia anticorruzione è un po’ il simbolo della politica di Zelensky, l’ha sciolta perché le cose non andavano come diceva lui, non riusciva a risolvere certe situazioni. Poi l’ha rimessa in piedi, e intanto ha mandato via un po’ di persone. Adesso spera che succeda qualcosa che rende l’Ucraina orgogliosa e vogliosa di rivincita, ma forze e speranze sono sempre di meno.
C’è sempre la prospettiva delle elezioni. Potrebbero cambiare qualcosa?
Zelensky potrebbe cercare di presentarsi alle elezioni mantenendo un rating alto, ma in caso di voto forse farebbe una miglior figura ritirandosi da eroe: candidandosi dovrebbe spiegare molte contraddizioni.
Secondo un sondaggio il 75% degli ucraini sono ancora convinti che con l’aiuto degli occidentali (sanzioni, armi e finanziamenti) si possano battere i russi. È una pia illusione?

Battere i russi è un concetto molto relativo. Già potrebbe essere una vittoria non concedere altri territori oltre a quelli già conquistati. Credo che nessuno pensi di potersi riprendere la Crimea e il Donbass, ma non perdere altri territori sarebbe già una buona cosa.
Negli ultimi tempi sembra che anche gli ucraini si siano ripresi qualche villaggio o qualche porzione di territorio: con quali prospettive?
È poca roba, gli ucraini già hanno fatto una grande impresa resistendo all’inizio della guerra e poi riprendendosi parte delle regioni occupate dalla Russia. Delle quattro regioni occupate dalla Russia, almeno il 30% rimane all’Ucraina, non per niente Mosca pone come condizione per la pace che Kiev ceda anche il resto di questi territori. Per gli ucraini la vera vittoria sarebbe questa: non cedere il resto del Donbass.
Zelensky comunque dice che prima delle elezioni bisogna raggiungere una soluzione alla guerra. E nei mesi scorsi era stata organizzata una missione del suo braccio destro Yermak a Londra, da Zaluzhny, per strappare un patto con lui in questo senso. Anche l’attuale ambasciatore nel Regno Unito, però, se dovesse andare al voto, proporrebbe di continuare la guerra?
Zaluzhny è un generale, non è un politico. Ragionava già in termini di guerra quando due anni fa pensava che le truppe ucraine dovessero ritirarsi per evitare guai peggiori e per questo è stato allontanato dalla guida delle forze armate. Anche lui, però, se dovesse presentarsi come candidato alla presidenza del Paese non lo farebbe chiedendo la pace subito. La pace non credo che la faranno, al massimo trattative infinite per cercare di non riaccendere la guerra. Ammesso che si riesca un po’ a spegnerla.
Uno dei nomi nuovi che si fanno ancora in vista delle elezioni è quello di Kyrylo Budanov, attuale capo dei servizi segreti. Diciamo che i militari di sicuro governeranno o avranno in mano una parte del potere una volta finita la guerra?
È la variante patriottica. Che si tratti di Zelensky, Zaluzhny o Budanov si tratta comunque di persone legate alla sicurezza, alla difesa del Paese. I russi punteranno più su candidati di altro genere, oligarchi, personaggi che possono essere manovrati, si vedrà.
Ma gli altri nomi in ballo quali sono?
Rimane Poroshenko, ex presidente, avversario precedente di Zelensky, c’è ancora Yulia Tymoshenko, ma i nomi sono veramente tanti, l’Ucraina è una realtà molto complessa. I nomi in prima fila, tuttavia, sono quelli legati alle questioni militari: la guerra potrebbe andare avanti ancora per tutto l’anno prossimo. Se gli ucraini hanno resistito in estate a maggior ragione potranno farlo fino alla prossima primavera. Si aspetterà fino ad allora, verificando se nel contempo arrivano altre armi. Intanto più si va avanti più si perfeziona la tecnica bellica, da una parte e dall’altra.
In quale campo in particolare?
La produzione dei droni, che cresce e si perfeziona ogni giorno sia in Russia che in Ucraina, è a un livello sconosciuto nel resto del mondo.
Anche gli stessi ucraini ora ambiscono ad usarne mille al giorno. Un traguardo possibile?
I droni nelle nuove produzioni sono abbastanza economici, costano tra i 15 e i 20mila euro, non un milione: se i soldi promessi agli ucraini arrivano, la produzione può aumentare e potranno continuare ad attaccare, ad esempio, le raffinerie. I russi faticano a trovare personale di terra e per questo assumono nordcoreani, africani. All’economia russa manca forza lavoro: i droni vengono realizzati soprattutto in Tatarstan, dove per la produzione vengono utilizzate anche delle adolescenti. Un po’ succede anche in Ucraina, anche lì si ricorre a ragazzi e ragazze. I russi fanno una propaganda enorme anche in Cina: promettono un lavoro ben pagato, che poi riguarda la produzione delle armi. I tagiki, per esempio, che sono molto mal visti in Russia come responsabili di attentati terroristici, non vengono condannati se si arruolano nell’esercito russo, danno loro un passaporto, sostengono le famiglie.
Tornando all’Ucraina, il fatto politico è che Zelensky è in ribasso nei sondaggi e che ha perso consenso anche all’interno del suo partito?
Sì, ma fino a che resiste con la guerra il suo rating rimane alto, è l’unica scelta che ha.
(Paolo Rossetti)
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